L’ultimo quarto dell’Ottocento è ricco di lotte, alcune vittoriose, altre spesso concluse con sconfitte, che però non fermarono la crescita del sindacalismo italiano.
Il primo grande sciopero della storia italiana fu quello di Biella del 1877: gli industriali lanieri rigettarono il regolamento redatto dal giurista socialista Pasquale Stanislao Mancini, atto di nascita delle relazioni industriali in Italia, e preparano unilateralmente nuovi e vessatori patti di lavoro.
L’agitazione, vasta e intensa, finì con la vittoria dei lavoratori. Sconfitta invece la rivolta contadina del Polesine (Rovigo) del 1882-85 nota come “la boje” (nel senso di: la pentola bolle, non se ne può più) e per il movimento democratico e socialista dei Fasci siciliani del 1891-94, un’occasione perduta per una diversa evoluzione del Sud.
Le istituzioni non intervenivano o, se lo facevano, lo facevano contro i lavoratori, come nel più emblematico degli interventi repressivi, quello del generale Bava Beccaris, che sedò i tumulti per il caro-pane a Milano prendendo a cannonate la folla (1898).
Immagini: Pasquale Stanislao Mancini, con sullo sfondo un richiamo all’opera di Pellizza da Volpedo “La fiumana” (1895), che precede il “Quarto Stato” (1901), dipinto a olio di Licia Lisei, donato all’Istituto Studi Sindacali Italo Viglianesi; vignetta tratta dal libro La Boje!, a cura di Rinaldo Salvadori, edizioni Avanti! 1962 (consultabile presso la Biblioteca Arturo Chiari, UIL Nazionale); disegno raffigurante i capi dei Fasci siciliani in gabbia al processo di Palermo; spartito della canzone Il feroce monarchico Bava.
Mostra storica del sindacalismo riformista italiano/11