23 gennaio 1975: sciopero generale di 4 ore indetto da CGIL, CISL e UIL per la vertenza su occupazione, contingenza e salari. In alcune regioni lo sciopero è esteso a 8 ore

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[…]Il tentativo atto di superare la grave crisi economica e sociale del nostro Paese attraverso una politica basata sulla inflazione e la riduzione dell’occupazione, non permette al sindacato nè momenti di attesa nella elaborazione delle sue politiche, né fasi di incertezza nella sua iniziativa. Gli scioperi del 20 gennaio e del 6 febbraio e questa Confederazione dei Consigli di fabbrica delle aziende maggiormente colpite dalla crisi, sono indicazioni che non intendiamo assumere ruoli marginali e subordinati nella battaglia politica in corso per ridare al Paese una prospettiva di sviluppo e per mobilitare le sue energie, che sono grandi e numerose, per un’obiettivo di crisi generale della società.   La nostra scelta fondamentale, che qui ribadiamo, resta quella di dare alla Federazione CGIL CISL UIL ed alle sue organizzazioni un ruolo di direzione politica dei lavoratori che rifiuta linee corporative e settoriali ed impegna invece il movimento nella assunzione di responsabilità dirette per l’avanzata dell’insieme della comunità nazionale.

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Siamo consapevoli che questo ruolo e questo obiettivo comportano per noi il superamento di notevoli difficoltà e l’assunzione di compiti non facili.   Siamo altresì convinti che ciò è possibile per il grande movimento di massa che abbiamo saputo costruire in questi anni attorno alla linea politica delle Federazione Unitaria e la partecipazione costante dei lavoratori ai momenti di lotta che ai vari livelli abbiamo determinato.

La scelta fondamentale che ci ha permesso di evitare che la crisi e l’offensiva dei grandi gruppi economici e delle forze di conservazione ci spingessero in una funzione di semplice correttivo delle loro scelte di sviluppo è stata certamente quella di aver posto al centro del nostro impegno politico, in tutte le occasioni e a tutti i livelli, l’espansione degli investimenti come strumento della crescita armonica del nostro apparato economico e delle strutture civili e quello dell’incremento della occupazione come condizioni per il superamento del dualismo umano e sociale esistente nel nostro Paese.   Si stratta di una scelta che esalta il ruolo del nostro sindacato; di una scelta che ha cementato la condizioni unitaria, malgrado le difficoltà, non soltanto tra le tre Confederazioni, ma tra le varie categorie e zone del Paese; una scelta che ha condizionato in modo determinante i comportamenti delle forze politiche, degli altri gruppi sociali e delle istituzioni pubbliche.    Il fatto, indiscutibile, che oggi il dibattito politico, in tutte le sedi, si incentri genericamente sui problemi economici, ma sul modo con il quale determinare una espansione delle strutture produttive del Paese e dei livelli generali di occupazione rende certamente più difficili e drammatiche le crisi di Governo, le aggregazioni nel Parlamento e nelle assemblee elettive locali, ma esso è anche l’indicazione che il confronto politico e uscito dalle formulazioni astratte per assumere toni e contenuti direttamente legati alla condizione delle grandi masse e sottopone le forze che operano nel Paese a verifiche sostanziali della loco capacità di orientamento e di direzione degli interessi popolari.[…]pp.3

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