il 20 marzo 1883 a Parigi viene firmata la Convenzione di Parigi per la Protezione della Proprietà Industriale, fu uno dei primi trattati sulla proprietà intellettuale e proprietà industriale. Si stabilì un’Unione di Paesi per proteggere questo diritto. La convenzione, con alcune modifiche e miglioramenti.
Con la rivoluzione industriale e con la crescita degli scambi commerciali era sempre più urgente la necessità di armonizzare le diverse leggi locali in questo ambito.
Nel 1873 a Vienna, inoltre, durante la Mostra Internazionale delle Invenzioni si era verificato un evento singolare: gli inventori provenienti da paesi stranieri si erano rifiutati di partecipare alla mostra poiché temevano che le loro idee potessero essere rubate ed utilizzate commercialmente in altri paesi, dal momento che non era presente alcuna tutela di carattere sovranazionale.
Dieci anni dopo, come risposta ai problemi e alle proteste, venne quindi firmata a Parigi la Convenzione per la tutela della Proprietà Industriale, volta a stabilire le tutele in tema di marchi, brevetti e modelli industriali.
[…]Numerosi processi di pianificazione sono limitati ai soli aspetti finanziari; il sistema di programmazione/controllo si basa esclusivamente sul confronto fra preventivo e consuntivo connessi ad uno o più investimenti.
La programmazione e il controllo finanziario è, molto spesso, l’unico sistema di comunicazione, valutazione e motivazione messo in atto allorché esista un ampio decentramento delle decisioni da parte di una direzione centrale nei confronti di una divisione o di altro ente organizzativo che disponga, in tal modo, di autonomia gestionale a debba rendere conto dei risultati di esercizio che le competono.
In questo caso l’impresa non ritiene opportuno, o non si considera capace, di formalizzazione un programma strategico dell’attività pluriennale futura; il processo di comunicazione tra unità centrale e unità decentrate si limita alla presentazione, da parte di queste ultime, di un piano finanziario in cui vengono presentati alcuni progetti di investimenti e le relative convalide economiche; l’unità centrale esamina, accetta, propone modifiche oppure respinge il piano finanziario.
Qualora il piano sia accettato, le unità periferiche presentano a fine esercizio lo stato di avanzamento dei programmi e i relativi risultati onde sia possibile confrontare i preventivi approvati con i consuntivi reali e decidere, se necessario, interventi correttivi. Un tale processo di pianificazione è privo di spiegazioni sugli indirizzi strategici che le divisioni o altre unità decentrate intendono perseguire e, ovviamente, di limitata spiegazione circa le modalità di attuazione delle strategie stesso. Ciò non consente assolutamente alla direzione centrale di interloquire su questi aspetti e, ciò che è più grave, di coordinare le strategie di più unità decentrate. Ciò spiega perchè un tale processo di comunicazione di piani non è accettabile in quelle imprese in cui il decentramento deve essere compensato da una guida da parte del centro integratore, il quel non deve soltanto controllare la realizzazione di obiettivi parziali, ma deve anche tutelare il perseguimento della missione generale dell’impresa. E’, invece, accettabile quando tale missione è così chiara e tale da non essere disattesa da iniziative di unità decentrate, per cui la sola comunicazione dei programmi finanziari basta a tenere sotto controllo le prospettive generali dell’impresa; si pensi, ad esempio, ad un gruppo finanziario o ad imprese di tipo conglomerale molto diversificate, tali da non richiedere un forte coordinamento centrale.