[…] La lotta e l’occupazione delle cascine della Bassa bresciana, oltre ad evidenziare l’inadeguatezza delle leghe, mise allo scoperto le divisioni esistenti in un sindacato particolarmente sensibile alle posizioni dei partiti. Il 2 marzo del 1950 il Giornale di Brescia infatti titolava: “L’agitazione nelle nostre campagne. Una tipica manovra estremista e la risposta della Democrazia cristiana”.
Il 15 marzo si tenne presso la Camera del Lavoro un’assemblea delle commissioni interne a sostegno della lotta nelle campagne. Il 16 marzo, sempre nella sede della Camera del Lavoro, si tenne una riunione per discutere della vertenza della Bassa e per decidere lo sciopero generale, ormai ritenuto indispensabile. Il 19 marzo si riunì anche l’esecutivo delle leghe.
Fu in questo clima che la UIL fece il suo esordio, a pochi giorni dalla nascita, con un documento datato 21 marzo e pubblicato il giorno dopo sul Giornale di Brescia. Il documento si soffermava sulla questione dei salariati agricoli e dell’indizione dello sciopero generale. Scriveva la UIL: ” A proposito di un manifesto con il quale il comitato di agitazione si è arrogato il diritto di ordinare lo sciopero ai salariati agricoli della bassa bresciana e di protestare contro le misure governative tendenti a ristabilire il rispetto delle leggi civili e delle libertà democraticamente dichiara di voler rivendicare il diritto di discutere democraticamente e sempre, insieme a tutte le altre organizzazioni sindacali, i motivi che possono giustificare la partecipazione dei propri associati alle agitazioni di carattere sindacale, e ciò al fine di concordare tutte le opportune forme di manifestazione o di lotta; quale gelosa custode dei propri principi di indipendenza da ogni ingerenza dei partiti politici e di difesa delle libertà democratiche; mentre esprime la propria solidarietà ai lavoratori della terra augurando ad essi di poter risolvere sul terreno delle ragionevoli trattative le loro controversie, pronta a contribuire con le proprie forze organizzate al felice esito della lotta sindacale; ritenendo inopportuno lo sciopero generale deliberato dalla Cdl (Camera del lavoro) per il suo carattere manifestamente politico; invita i propri associati a rimanere al loro posto di lavoro per difendere in tal modo le libertà civili e democratiche”.
“Il fatto è – commenta Corti – che la UIL considerava la lega come uno strumento marginale, di fatto in via di superamento, politicamente e quindi anche sindacalmente arretrato”.
La UIL, come s’è già accennato, anche a Brescia, in sintonia con gli avvenimenti nazionali, iniziò la propria attività nel marzo del 1950, allorquando un gruppo di sindacalisti, in rappresentanza di una quarantina di leghe bracciantili e di nuclei di fabbrica, particolarmente radicati e presenti nelle aziende tessili e meccaniche della provincia, diedero vita alla Camera sindacale bresciana. Assieme a sindacalisti come Rocco Niso, dipendete del Comune di Brescia, che rappresentava una folta pattuglia di dipendenti degli enti locali, a dar vita al primo coordinamento bresciano troviamo Stefano Fedreghini, che curava il lavoro rivolto alle leghe bracciantili, Mario Pasinetti, metalmeccanico dell’Om e già esponente della Fil. Tra i fondatori possiamo inoltre annoverare Luigi Alberti, Alberto Perego e Giambattista Frusca. Sono in gran parte le stesse persone che il 4 marzo presero il treno alla volta di Roma per portare la loro adesione alla costituzione della UIL Nazionale. […]pp.31