22 marzo 1872
L’Illinois è il primo stato americano ad applicare il diritto di uguaglianza sul lavoro fra uomini e donne
[…]Non sembra necessario, in questa sede, spiegare le ragioni politiche per cui la costituzione democratica e repubblicana, entrata in vigore nel 1948, ha introdotto il principio generale dell’eguaglianza giuridica fra uomini e donne. Accanto al principio generale di eguaglianza (Art.3) la Costituzione (Art. 37) sancisce che <<la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre ed al bambino una speciale, adeguata protezione>>.
L’enunciato costituzionale ha dunque ad oggetto, insieme, l’eguaglianza e la protezione, come se non vi fosse, tra questi due termini, alcuna contraddizione. Tuttavia, in armonia con le idee allora diffuse, la Costituzione pone l’accento piuttosto sul ruolo familiare della donna che sulla sua piena partecipazione sociale. In ogni caso, la problematica formulazione dell’art. 37 Cost. non diede luogo a molte discussioni, probabilmente perchè la prescrizione dell’uguaglianza non trovava applicazione concreta. Le donne continuavano a ricevere salari più bassi di quelli maschili, anche quando svolgevano le stesse mansioni.
Il matrimonio e la maternità significavano spesso il licenziamento. Per le donne sposate trovare un lavoro era difficile come sempre. Malgrado l’art. 37 Cost., solo nel 1960 un accordo interconfederale diede attuazione al principio della parità di retribuzione a parità di lavoro. Ciò nondimeno, le disparità tra salari femminili e maschili rimasero notevoli. L’esistenza di tali disparità era dovuta solo in parte al più basso livello di specializzazione del lavoro femminile; essenzialmente, però, era dovuta alla sotto-valutazione, professionale e quindi retributiva, delle mansioni tipicamente femminili.
Mentre persistevano condizioni di disuguaglianza fra lavoro maschile e femminile, vennero emanate nuove e più efficienti leggi di tutela delle lavoratrici. Le legge 26 agosto 1950, n.860 riformò la legge del 1934 sulle lavoratrici madri. In breve queste erano le innovazioni introdotte dalla nuova legge di tutela: un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro della durata di sei settimane prima e di due mesi dopo il parto, il prolungamento del periodo di astensione obbligatoria per le lavoratrici dell’industria e dell’agricoltura, e comunque per tutte le lavoratrici, ove l’Ispettorato del Lavoro lo ritenesse necessario in considerazione della qualità del lavoro svolto dalla donna; il divieto di licenziamento durante tutto il periodo della gravidanza e per un anno dopo la nascita del bambino; un’indennità pari all’80% della normale retribuzione per il periodo di astensione obbligatoria del lavoro corrisposta dagli Enti di Previdenza e Assistenza Sociale. La legge del 1950 si applicava, in parte, anche alle lavoratrici a domicilio, domestiche e familiari.[…] pp.65