[…] Negli stati industrializzati la crisi economica e monetaria ha messo in forse la distribuzione di servizi sociali ed ha spinto a ripensare ad un eventuale più oculata e misurata la distribuzione degli stessi o addirittura a ridisegnare i compiti assistenziali dello Stato dietro alle parole magiche “ridurre il perimetro dello Stato in economia” e “privatizzare i servizi pubblici”, con grave danno per i cittadini che pagano di più a fronte di servizi meno puntuali e meno diffusi.

Eppure la nostra Costituzione è lì e continua a mostrarci la via, spiegandoci all’art. 3 cos’è un moderno Stato Sociale: <<è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori dell’organizzazione politico, economica e sociale del Paese>>.

Ciò significa: riconoscere il diritto al lavoro, quando ancora esistono grosse sacche di disoccupazione o di inoccupazione o di occupazione precaria; l’inviolabilità del domicilio, quando in molti non hanno un’abitazione degno di questo nome; il diritto fondamentale alla salute, quando l’organizzazione sanitaria del Paese o l’assetto del territorio non sono in gradi di assicurarlo pienamente; il diritto allo studio, quando di fatto può accadere che le condizioni sociali, economiche e ambientali non consentano ai capaci e meritevoli di raggiungere i gradi più alti degli studi.

La Pubblica Amministrazione è il cardine di questo complesso sistema ed il suo funzionamento o meno è essenziale proprio dal punto di vista costituzionale per assicurare a tutti gli stessi servizi: la sua funzione neutrale ed efficace può garantire benessere o meno alle persone e la sua imparzialità può assicurare la democrazia e la solidarietà necessaria in un sistema civile come quello italiano.

Per questi motivi è essenziale rilanciare il settore pubblico per far tornare veramente competitivo il Paese, perseguendo il benessere della sua economia “reale”, ossia il benessere quotidiano dei suoi cittadini, attraverso la lotta alle disuguaglianze, alle emarginazioni e alle nuove povertà che affliggono la nostra società […] pp.12

 

Disponibile presso la Biblioteca Nazionale UIL Arturo Chiari