[…] L’unità sindacale: a pezzi o di tutti?

Gli anni ’70 devono essere ricordati anche per essere stati teatro di un tentativo serio ma fragile di ricostruire l’unità sindacale. Chi legge perdonerà l’estrema sintesi con cui – per motivi esclusivamente pratici – viene affrontato un tema tanto importante che allora suscitò passioni vere e speranze destinate a essere deluse. E bene però che su questo tema i lettori, evidentemente interessati alle vicende del movimento sindacale in Italia, riflettano, mettendo a confronto la statura dei leader sindacali di una volta che – pur appartenendo a storie e a culture separate da profondi solchi tra le ideologie forti del Novecento – si mettevano in gioco per un grande progetto unitario, rispetto al profilo dei dirigenti di oggi che, invece, pur essendo appartenuti da giovani a quella esperienza, restano divisi e in polemica tra di loro, senza essere in grado neppure di spiegarne i motivi.

Purtroppo è la CGIL – la stessa organizzazione che negli anni ’70 si schierò non senza difficoltà a favore dell’unità sindacale, perché aveva sofferto di più per le ferite delle scissioni dell’immediato dopoguerra – a svolgere il ruolo di protagonisti di un bipolarismo sindacale che diviene sempre più inquietante e assurdo perché incomprensibile e ingiustificato: Ed è ancor più singolare che negli ultimi anni si sia sviluppata proprio nei metalmeccanici (anzi nella FIOM, il sindacato di Buozzi, Novella, Lama, Trentin) la pandemia del settarismo radicale e antiunitario. Negli anni ’70 furono invece le federazioni dei metalmeccanici – forti dei trionfi dell’autunno caldo – a dettare l’agenda del processo unitario. La loro esperienza venne ben presto condivisa da altre categorie dell’industria e da parecchie strutture territoriali del Nord.

A questo proposito è bene aprire una piccola parentesi, facendo notare che nel corso di almeno un decennio toccò ai dirigenti metalmeccanici di occupare tutte le posizioni di potere delle loro confederazioni; ci fu addirittura un momento in cui nella segreteria confederale della CGIL ben dieci segretari su dodici provenivano dalla FIOM. Tornando al tema, CGIL, CISL e UIL si trovarono a dover fornire al fronte unitario raccolto intorno ai metalmeccanici – che aveva o svolto la loro prima conferenza a Genova dal 13 al 17 marzo del 1970, assumendo decisioni molto importanti e di sicuro effetto mediatico – un quadro di riferimento anch’esso unitario. Allora – banalizzando un po’ il nodo vero del confronto politico – si parlava dell’alternativa tra <<unità a pezzi>> o <<unità di tutti>>. Dietro la prima formula era indicata una strategia che – tenendo ben presenti le profonde differenze esistenti nei diversi comparti del movimento sindacale e nelle differenti aree del Paese – consentisse alle realtà <<più avanzate>> di portare a conclusioni i loro processi di unificazione, senza venir meno al rapporto genetico con le confederazioni, alle quali spettava il compito di garantire un legame complessivo tra tutto il movimento. Nel dibattito prevalse, invece, la prospettiva della <<unità di tutti>>, intesa come processo guidato dalle confederazioni che avrebbero condotto alla riunificazione dell’intero mondo del lavoro organizzato da CGIL, CISL e UIL. […]

 

 

Disponibile presso la Biblioteca Nazionale UIL Arturo Chiari