19 gennaio 1995 Muore a Roma il primo Segretario Generale della UIL 

Italo Viglianesi, sindacalista e politico italiano

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Assunto alla SNIA, nel 1944 mentre lavora presso la Montecatini, divenne dirigente sindacale del settore dei chimici presso la CGIL unitaria. Si iscrisse al Partito Socialista Italiano appena nato nel dopoguerra.

Rimase nel PSI di Nenni anche dopo la scissione di palazzo Barberini e la nascita del PSDI di Saragat. La sua cifra politica fu quella dell’autonomismo socialista.

Le sue convinzioni autonomiste acquistarono vigore dopo un viaggio nell’Unione Sovietica alla fine dell’estate del 1947. Egli ribadì più volte che la sua scelta autonomista più che da motivazioni ideologiche era dettata proprio dalla presa di coscienza di ciò che aveva visto dopo quel viaggio: “Una realtà sconvolgente, anche per quello che riguarda le condizioni di lavoro… Fu un’esperienza che lasciò il segno.”[1]

Fu il maggior fautore il 5 marzo 1950 della nascita della UIL, raccogliendo le componenti socialiste autonomiste, sindacalisti saragattiani e repubblicani. Fu segretario della UIL fino al 1969.

Nel 1963 fu eletto per la prima volta al senato di cui fra il 1968 e il 1970 fu vicepresidente. Fu Ministro dei trasporti e dell’aviazione civile dal 1970 al 1972 prima nel governo Rumor III e poi nel successivo governo Colombo.

Fu senatore fino al 1979 anno in cui si ritirò a vita privata. La morte lo colse a Roma nel 1995.

[…] La UIL, nata nel travaglio di ripetute scissioni e mentre già altre scelte di schieramento si erano sostituite e consolidate, tentò di essere una risposta nuova per i lavoratori italiani, a fronte del ricrearsi del collateralismo tra azioni di partito ed azioni del sindacato.   La Fil ed alcuni ex segretari di categoria della Cgil, dopo la rottura del movimento a livello mondiale, aderirono alla Cisl Internazionale; in gran parte di essi, però, si consolidò il rifiuto di far derivar da tale posizioni di schieramento sul piano nazionale, Nel movimento democratico e libero italiano non si era certamente evidenziato, in quel momento, il prevalere di contenuti sulle posizioni di partito e schieramento.

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Lo spazio della Uil  nacque dal rifiuto di tali logiche e risultò, quindi, inizialmente, uno spazio ristretto e largamente contrastato da quasi tutti i partiti.

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Il primo punto della mozione programmatica, votata all’unanimità dal Convegno di Roma del 5 marzo 1950, fissava l’indirizzo dell’organizzazione con queste parole <<raccogliere e realizzare nella lotta contro l’egoismo delle classi capitalistiche e l’insufficienza delle politiche di governo le aspirazioni della classe lavoratrice in piena indipendenza da ogni ingerenza partitica, governativa, confessionale, nella visione di una migliore società>>.   L’interpretazione di questa  mozione non si presta certamente ad equivoco: è la risposta alla rottura sindacale in termini completamente diversi al <<patto di Roma>>. L’indipendenza da ogni ingerenza partitica e il tentativo di riproporre una nuova via per l’unità dei lavoratori, il rifiuto di considerare il neocollateralismo di partito o di schieramenti in termini acritici. E l’intuizione che la via nuova del sindacato sta nell’autonomia della sua azione.

Il riferimento all’atto costituito va certamente integrato dalle esigenze di azioni di quasi trenta anni, ma costituisce contemporaneamente l’espressione più genuina dei valori che trent’anni fa unirono i lavoratori associati alla UIL. Resta ancora valido, poi, quanto scrivevo in occasione del venticinquesimo anniversario.

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<<Per chi ricorda il convegno costitutivo nella “casa dell’aviatore”, che ospitò la prima assise della UIL, non esiste dubbio che le Camere sindacali autonome – distaccatesi dalla FIL – e le organizzazioni indipendenti – formatesi dopo la seconda scissione della Cgil – avevano scelto come comune denominatore la visione dell’indipendenza del sindacato.   Tale scelta si rafforza e si dimora ulteriormente con la proposta di ricercare nell’azione quotidiana “impostazioni e soluzioni unitarie dei problemi che interessano i lavoratori”.

Questo principio, contenuto nel punto quattro della mozioni programmatica ebbe un ruolo non secondario nel tentativo di ricostruire l’unità d’azione contrattuale tra le tre centrali sindacali.   Tale proposta, in quel momento, rappresentava la misura massima dell’indipendenza ed autonomia dell’organizzazione, proprio in ragione della lacerazione tra schieramenti contrapposti che ben poco concedeva al dialogo tra le tre Confederazioni e, quindi, alla elaborazione comune delle rivendicazioni sindacali.   Il valore politico di tale appello, anche se largamente contrastato, fu però determinante, forse, per la convivenza in sede contrattuale del regime pluralistico.   La formula che fu di Pastore: “marciare separati e colpire uniti”, nacque infatti, dalla nostra polemica sulle necessità di costituire l’unità d’azione in materia contrattuale”. […] pp.7 / AA43C

 

Disponibile presso la BIBLIOTECA NAZIONALE UIL ARTURO CHIARI