[…] Ho avuto la fortuna di conoscere Sandro Pertini grazie all’intervento di un suo amico, Gerolamo Bollo, sindaco di Deiva Marina, piccolo comune della Riviera ligure di Levante, dove, negli anni ’80, andavo con la mia famiglia a soggiornare. Giorgio Benvenuto che in quegli anni era stato invitato a Deiva Marina ad inaugurare un monumento al Marinaio, sapendo che mi ci trovavo in villeggiatura mi incaricò di portare i suoi saluti al sindaco, insieme ad un libro che gli aveva promesso. Conobbi quindi il Bollo che divenne mio amico e mi raccontò della sua vita e della sua amicizia con Sandro Pertini.

Aveva fatto con lui la guerra partigiana e, nell’Italia democratica, si era impegnato nelle varie campagne elettorali per l’elezione di Pertini al Parlamento italiano. Si conquistò quindi una sorta di corsia preferenziale disponendo addirittura del numero telefonico privato. Poiché confessai a Bollo che mi avrebbe fatto molto piacere poter parlare con Pertini, egli mi prese in parola e, seduta stante, telefonò al Presidente. Pertini rispose ma essendo impegnato prego Bollo di chiamarlo alcune sere dopo, a casa. Va ricordato, infatti, che Sandro Pertini fu uno dei pochi Presidenti della Repubblica che non volle abitare al Quirinale. La telefonata arrivò alcune sere più tardi, in occasione di un incontro conviviale. Bollo mi presentò al telefono così: “ti faccio parlare con un giovane sindacalista di belle speranze, un tuo grande ammiratore”. Confesso che ero molto emozionato all’idea di parlare con il “Presidente della Repubblica più amato dagli italiani” e, balbettando un po’, gli esternai la mia sincera ammirazione aggiungendo che avrei voluto porgli qualche domanda. Pertini mi mise subito a mio agio con due delle sue simpatiche battute. Per prima cosa mi disse che l’ammirazione dovevo manifestarla solo alle belle signore e non a lui che era “un semplice uomo della strada assurto ad incarichi troppo importanti“; la seconda fu l’invito a porgli “non solo domande pertinenti, ma anche impertinenti: io mi chiamo Pertini…“. Ne approfittai per domandargli cosa pensasse della situazione politica e sociale della nostra Italia (va ricordato che c’erano stati i cosiddetti “anni di piombo”). La risposta di Pertini fu che si stava vivendo tempi di grandi trasformazioni, e che era difficile avere un posto in questa società senza un costante aggiornamento culturale, di conoscenza, di riflessione su tutti i problemi del momento.

Mi piace ricordare anche un altro episodio che fa capire la semplicità e l’umanità di Sandro Pertini. Ero andato, con un collega, in un teatro romano per assistere alla rappresentazione di una commedia che andava per la maggiore. Eravamo seduti in platea, quando, prima che si alzasse il sipario, sentiamo scrosciare un applauso; non  riuscendo a capirne il motivo mi girai scoprendo che il pubblico, in piedi, stava applaudendo il Presidente della Repubblica che, con molta semplicità, era seduto con la moglie in platea proprio alle mie spalle. Mi alzi di scatto e porgendogli la mano, mi presentai come amico di Gerolamo Bollo. Pertini, ricambiando la stretta, mi disse: “salutami quella vecchia canaglia!”.

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Pertini caratterizzò il suo settennato di Presidente della Repubblica con una costante presenza nei momenti cruciali della vita pubblica italiana, nelle situazioni piacevoli come nei momenti difficili; con il suo modo di operare schietto e ironico fece sì che emergessero in ogni occasione la sua onestà, la sua simpatia, la sua semplicità, in poche parole, un nuovo modo di rapportarsi con i cittadini. Del resto anche il grande giornalista Indro Montanelli scrisse di lui: “non è necessario essere socialisti per amare stimare Pertini. Qualunque cosa egli dica o faccia, odora di pulizia e di sincerità“. […]

 

Disponibile presso la Biblioteca Nazionale UIL Arturo Chiari