23 maggio 1992 – Strage di Capaci

Mafia: strage Capaci; ergastolo per 2 boss

Un’ immagine d’ archivio di Giovanni Falcone. Si è concluso con due condanne all’ergastolo per i boss Giuseppe Barranca e Cristoforo Cannella, una a 30 anni per Cosimo D’Amato e una a 12 anni per il pentito Gaspare Spatuzza il processo, celebrato in abbreviato, dal gup di Caltanissetta David Salvucci per la strage di Capaci. 19 novembre 2014. PAL ARCHIVIO / ANSA

Gli attentatori fecero esplodere un tratto dell’autostrada A29, alle ore 17:56, mentre vi transitava sopra il corteo della scorta con a bordo il giudice, la moglie e gli agenti di Polizia, sistemati in tre Fiat Croma blindate. Oltre al giudice, morirono altre quattro persone: la moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

Vi furono 23 feriti, fra i quali gli agenti Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e l’autista giudiziario Giuseppe Costanza.

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[…]I messaggi di Cosa Nostra diretti al di fuori dell’organizzazione – informazioni, intimidazioni, avvertimenti – mutano stile in funzione del risultato che si vuole ottenere.   Si va dalla bomba al sorrisetto ironico accompagnato dalla frase: <<Le lavora troppo, fa male alla salute, dovrebbe riposare>>, oppure:<<Lei fa un mestiere pericoloso; io, al suo posto, la scorta me la porterei pure al gabinetto>> – due frasi che mi sono state rivolte direttamente.    Le cartoline e lettere decorate con disegni di bare o con l’eventuale data di morte accanto a quella della nascita, e i pacchetti con proiettili sono riservati generalmente ai novellini, per sondare il terreno.   Quando la mafia fa telefonate del tipo: <<la bara è pronta>>, accentuando l’inflessione siciliana, ottiene senza alcun dubbio un certo effetto.

StragecapaciIn questo caso facili da interpretare, le minacce tendono a mettere in moto un processo di autocensura.   Direi anzi che si minaccia qualcuno solo quando lo si ritiene sensibile alle minacce.    La mafia razionale, vuole ridurre al minimo gli omicidi.   Se la minaccia non raggiunge il segno, passa a un secondo livello, riuscendo a coinvolgere intellettuali, uomini politici, parlamentari, inducendoli a sollevare dubbi sull’attività di un poliziotto o di un magistrato ficcanaso, o esercitando pressioni dirette a ridurre il personaggio scomodo al silenzio.  Alla fine ricorre all’attentato.

Il passaggio all’azione è generalmente coronato da successo, dato che Cosa Nostra sa fare bene il suo mestiere.   Tra i rati attentati falliti, voglio ricordare quello organizzato contro di me nel giugno del 1989.  Gli uomini della mafia hanno commesso un grosso errore, rinunciando all’abituale precisione e accuratezza pur di rendere più spettacolare l’attacco contro lo Stato.  Al punto che qualcuno ha concluso che quell’attentato non era di origine mafiosa.

FALCONEMi sembra che, più banalmente, capita anche ai mafiosi di sopravvalutare le proprie capacità, sottovalutare l’avversario, voler strafare.

L’attentato coincise con un momento per me difficile al tribunale di Palermo e venne preceduto da una serie di lettere anonime, attribuite dalla stampa al <<corvo>>, che mi accusavano, insieme con altri magistrati, di aver manipolato il pentito Salvatore Contorno, inviandolo in Sicilia per combattere e uccidere i <<Corleonesi>> e i loro alleati. Rievoco il <<corvo>> per rilevare come non siano solo i mafiosi a utilizzare messaggi trasversali, anche se questi senza alcun dubbio lo sanno fare molto meglio degli altri.

A proposito di pentiti, sono convinto che il solo comportamento efficace ed equo nei loro confronti sia anzitutto di verificare con estrema cura l’esattezza delle loro rivelazioni, senza tuttavia sminuire sistematicamente quanto affermato.[…]PP.55

 

Disponibile presso la BIBLIOTECA NAZIONALE UIL ARTURO CHIARI