La Federazione italiana degli Operai Metallurgici (FIOM) si costituì a Livorno nei giorni 16-18 giugno del 1901. Questa federazione metallurgica del primo Novecento va nettamente distinta dall’organizzazione con cui condivide l’acronimo: FIOM come Federazione Italiana Operi Metallurgici è il nome del sindacato, di cultura riformista, nato nel 1901, prima che vi fosse il sindacato confederale, che contribuirà in modo decisivo a fondare, mentre FIOM come Federazione Impiegati Operai Metallurgici è la categoria della Cgil, dapprima unitaria (dal 1944 al 1948), poi, dopo le scissioni che daranno vita nel 1950 alla Uil e alla Cisl, a maggioranza comunista con minoranza socialista.
La federazione dei metallurgici nacque al culmine di un processo organizzativo iniziato con la formazione, tra gli operai metallurgici milanesi, dopo lo sciopero fallito del 1891, della Lega di Resistenza. Il primo segretario generale fu Ernesto Verzi, operaio incisore di metalli, riformista, che ha ricordato quegli anni in un libro pubblicato nel 1907, intitolato “I metallurgici d’Italia nel loro sindacato”.
Ecco il suo racconto delle origini della federazione: “I primi tentativi dei metallurgici italiani, per organizzare le loro forze sulla base della resistenza, datano dal 1891. Fu in occasione del grande sciopero dei metallurgici milanesi, scoppiato precisamente in quell’anno, che si gettarono le basi di una prima organizzazione.
Lo sciopero ebbe esito infelice; ma se il risultato non favorevole della lotta produsse da un lato scoraggiamento nella massa, dall’altro fu di ammaestramento per le classi lavoratrici. Le quali compresero che le cause della sconfitta dovevano ricercarsi nella mancata proporzione dei mezzi d’attacco e nelle scarse forze di resistenza. Fu perciò immediatamente costruita una Lega di mestiere e fu contemporaneamente iniziato il lavoro per la costituzione di Leghe nella provincia, onde aver modo di sventare il krumiraggio della campagna, rivelatosi durante lo sciopero.
Questa prima affermazione del proletariato metallurgico si ripercosse in altri centri, ove specialmente ferveva l’industria siderurgica, come Terni, Savona, Piombino, ecc, e fu cura anzi dei migliori elementi della classe lavoratrice illustrare le cause del disastro, ed indicare i mezzi da escogitarsi onde evitarne altri per l’avvenire.”
Lo scontro tra riformisti e massimalisti era già all’epoca molto aspro nel movimento operaio complessivamente inteso; il nascente sindacalismo italiano era dominato dai riformisti. La Fiom di Ernesto Verzi fu la protagonista principale del movimento che portò nel 1906 alla costituzione della CGdL, la confederazione generale del lavoro, anch’essa di salda impronta riformista. Come ha recentemente scritto Stefano Musso: “L’iniziativa per la costituzione della CGdL si sviluppò sotto l’egida del riformismo e delle federazioni di categoria, in termini tali da suscitare l’opposizione dei sindacalisti rivoluzionari.”
La FIOM riformista raggiunse diversi importanti risultati. Nel 1906, venne firmato a Torino il contratto collettivo tra la Società automobilistica Itala e la FIOM, su riconoscimento delle Commissioni interne, minimi salariali, orario (10 ore x 6 giorni), closed-shop (la fornitura di personale all’azienda, capi-squadra inclusi, svolta dal sindacato: un ruolo forte che il sindacalismo di allora svolgeva nel mercato del lavoro, certamente non riproponibile in quella forma, ma la necessità che il sindacato confederale abbia voce in capitolo nel mercato del lavoro è tornata attuale).
Nel 1913, i metallurgici torinesi, guidati da Bruno Buozzi, segretario generale della FIOM, socialista, riformista, ottennero, dopo 93 giorni di sciopero, un accordo collettivo che aumentava i salari e riduceva di 3 ore a settimana l’orario di lavoro. Nel 1919, si raggiunse un accordo con l’Associazione industriali che prevedeva la riduzione di orario (8 ore x 6 giorni) e l’istituzione delle Commissioni Interne in ogni fabbrica.
Negli anni durissimi che precedettero la piena instaurazione del regime fascista e la conseguente fine di ogni attività sindacale libera, Bruno Buozzi guidò nel 1925 gli ultimi scioperi dei metallurgici e assunse alla fine di quell’anno la carica di segretario generale della CGdL, prima di essere costretto all’esilio in Francia nel 1926.
La Uil è particolarmente affezionata alla storia del sindacalismo riformista della prima metà del Novecento, e ha fatto di Bruno Buozzi il suo maggiore riferimento culturale, vedendo in lui la figura più prestigiosa del sindacalismo italiano del periodo pre-fascista e il più importante costruttore degli accordi che diedero poi vita alla rinascita del sindacato libero nel secondo dopoguerra, di cui Buozzi sarebbe stato naturalmente il maggiore leader, se non fosse stato assassinato dai nazisti in fuga da Roma, il 4 giugno 1944.
La sala riunioni della Uil, nella sede nazionale di Via Lucullo 6, a Roma, è dedicata a Bruno Buozzi, e in essa campeggia un suo ritratto.
(a cura dell’Istituto Studi Sindacali Uil “Italo Viglianesi”)