7 maggio 1898 – Moti di Milano: il generale Bava-Beccaris ordina all’esercito di sparare sulla folla che manifesta contro l’aumento del prezzo del pane. I morti sono 80 secondo il Governo, oltre 300 secondo l’opposizione
La mattina di sabato le strade si riempirono di operai e operaie. Secondo Torelli Viollier non si trattò di uno sciopero, ma vari proprietari, temendo azioni violente, decisero di pagare la settimana ai dipendenti e di chiudere gli stabilimenti. Cortei si formarono lungo le vie della città e alcuni dimostranti si portarono alla stazione per bloccare la partenza di treni che pensavano trasportassero i richiamati del 1873.
Uno dei primi scontri, probabilmente il più grave dell’intera rivolta, si ebbe in Corso Venezia all’incrocio con Via Palestro: per bloccare il passaggio della cavalleria fu creata una barricata con le carrozze di due tram e con mobili sottratti dalla portineria di Palazzo Saporiti. Dai tetti vennero lanciate tegole contro i soldati. Negli scontri ci furono diversi morti e feriti tra i manifestanti.
Per facilitare lo spostamento delle truppe fu bloccato il passaggio dei tram. Attorno a mezzogiorno il prefetto affidò al generale Bava Beccaris la gestione dell’ordine pubblico.
Altre barricate furono costruite a Porta Venezia, Porta Vittoria, Porta Romana, Porta Ticinese e Porta Garibaldi.
«Tutte però barricate rettoriche, reminiscenze della commemorazione delle Cinque Giornate fatta nel marzo. Si cominciava a fare la barricata, ma all’apparire della truppa la si abbandonava. La truppa la squarciava ed appena s’era allontanata la si rifaceva, ed il gioco ricominciava. A che potevano servire le barricate, giacché non c’erano armi da fuoco per difenderle? […] Intanto, per le strade, moltissimi curiosi. La rivoluzione era considerata come uno spettacolo divertente. Perciò laddove si fece fuoco caddero parecchi innocenti. I curiosi discorrevano co’ rivoltosi; discorrevano co’ soldati, davano consigli, motteggiavano, chiedevano schiarimenti a’ costruttori delle barricate. La grande maggioranza dei rivoltosi, donne e ragazzi.» cit.(E. Torelli Viollier) |
La piazza del Duomo venne occupata militarmente e il generale Bava Beccaris stabilì un piano per il progressivo controllo della città fino ai sobborghi entro 3 giorni con riapertura degli stabilimenti dal 10 maggio. Su indicazione del governo fu subito colpita la stampa «sobillatrice» con la soppressione di periodici di opposizione e arresti di giornalisti e di politici.Le comunicazioni ufficiali riportarono gli avvenimenti in modo molto accentuato, presentandoli come opera di «un movimento rivoluzionario». Il governo con telegramma delle 16:30 comunicò il decreto che dichiarava la provincia di Milano in stato d’assedio e nominava il generale Bava Beccaris «Commissario straordinario con pieni poteri».
Disponibile presso la BIBLIOTECA NAZIONALE UIL ARTURO CHIARI