8 febbraio 1950
Eccidio delle Fonderie Riunite di Modena
L’eccidio delle Fonderie Riunite di Modena fu una strage avvenuta a Modena durante lo sciopero del 8 gennaio 1950 indetto dal sindacato CGIL per protestare contro i licenziamenti di oltre 500 operai metalmeccanici delle Fonderie Riunite.
Per impedire l’occupazione della fabbrica, gli agenti della Polizia di Stato spararono contro i manifestanti, uccidendo sei operai e ferendo circa 200 persone.
Il sindacato decise che il giorno 9 febbraio sarebbe stato indetto il lutto nazionale e ricordato
[…] 8 febbraio 1950: un’altra data funesta nella storia del movimento operaio italiano. A Modena, sei lavoratori uccisi, Angelo Appiani, Renzo Bersani, Arturo Chiappelli, Ennio Garagnani, Arturo Malagoli, Roberto Rovatti e sessanta feriti dai mitra della polizia mentre in ordinato corteo si recavano in prefettura per chiedere la sospensione dei licenziamenti decisi dalla direzione delle fonderie Orsi. Nessun ferito da parte della polizia e ciò confermò il carattere pacifico della manifestazione. Enorme la commozione e le ripercussioni nel mondo del lavoro. <<Affoga nel sangue il governo del 18 aprile>>, tale il titolo dell’Avanti del giorno dopo, mentre in tutta Italia, sospeso spontaneamente il lavoro, i cittadini scendevano nelle piazze con intenzioni non certo pacifiche. In Emilia si vissero ore palpitanti come per l’attentato a Togliatti e una relativa calma potè ottenersi solo quando venne diffusa la notizia della convocazione dell’esecutivo CGIL e dei parlamentari dei due partiti per il giorno 11 a Modena.
A Roma, una delegazione di deputati e senatori di sinistra, recatasi in veste ufficiale al Quirinale, si ebbe dal Capo dello Stato la solita risposta deludente, e alla sera del 10, in piazza del Popolo, davanti a duecentomila lavoratori, Lizzadri chiese le dimissioni di Scelba da ministro dell’Interno apostrofandolo: <<basta con i mitra, basta con i massacri, falso cattolico e falso cristiano, ispirati una volta almeno a Cristo che dici di onorare>>.
L’assemblea di Modena imponente per la partecipazione di tutto il mondo del lavoro: partiti, CGIL, cooperative, UDI, giovani, amministratori comunali e provinciali, nell’invitare la popolazione a mantenere la calma e contenere lo sdegno a dispetto delle sanguinarie provocazioni del governo, decise subito la costituzione di un comitato promotore di un movimento unitario capace di porre fine all’assassinio di stato. Chiese le dimissioni del governo denunciandolo all’autorità giudiziaria il prefetto, il questore e il vice questore quali mandatari della strage, sotto imputazione di omicidio premeditati.
In serata si ebbero le dimissioni del governo e il giorno dopo la revoca dei licenziamenti alle fonderie Orsi.
Alla Camera, respinta dalla maggioranza la proposta d’inchiesta parlamentare, presentata dai deputati sindacalisti, giuristi socialisti e comunisti consegnarono, il giorno 16, la prima denuncia all’autorità giudiziaria contro i responsabili dell’eccidio di Modena, corredata da una precisa e impressionante elencazione di circostanze e testimonianze tali che, in un regime veramente democratico, nessuna delle autorità governative di Modena e non solo di Modena, sarebbe sfuggita al carcere.