14 gennaio 1987 muore a Trieste Giusto Tolloy, noto anche con lo pseudonimo di Mario Tarchi (Trieste3 novembre 1907 – 14 gennaio 1987), è stato un militarepartigiano e politico italiano.

Profugo in Italia, con la famiglia, durante la Prima guerra mondiale.

Iniziata la carriera militare di ufficiale, partecipò alla Seconda guerra mondiale prima sul fronte greco-albanese poi come componente dello Stato Maggiore del Corpo di Spedizione Italiano in Russia (CSIR) con il grado di maggiore: fu durante questa ultima esperienza che maturò la sua definitiva avversione per il fascismo[1][2] e le alte gerarchie militari, traendone un libro di memorie, Con l’armata italiana in Russia, firmato con lo pseudonimo Mario Tarchi, pubblicato nel 1943 e ristampato successivamente nel 1947.

In collegamento sin dal 1939 con il movimento politico clandestino “Giustizia e libertà“, nel 1941 fondò con altri il Movimento “Popolo e Libertà”, che dal giugno 1943 iniziò a pubblicare l’omonimo bollettino mensile[3]. Nell’agosto del 1943 Tolloy si avvicinò alle posizioni della Unione dei Lavoratori Italiani (ULI), diventando redattore della sua testata clandestina, “La Voce del Popolo”, pubblicata a Milano. Il 16 gennaio 1944 il Movimento e la ULI si fusero, dando vita al Partito Italiano del Lavoro (PIL), di cui Tolloy fu nominato segretario[4].

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 entrò a fare parte della Resistenza, diventando uno dei maggiori dirigenti dell’esecutivo militare romagnolo del Fronte Nazionale, il raggruppamento politico che riuniva le forze antifasciste. Nel dicembre dello stesso anno contribuì attivamente all’operazione di salvataggio di alti ufficiali inglesi in fuga dal campo di prigionia militare di Vincigliata: il generale di corpo d’armata Philip Neame, il generale Richard O’Connor e il maresciallo dell’aria Owen Tudor Boyd [5].

Inizialmente su posizioni attendiste (ovvero sostenitore della idea che si dovesse attendere l’arrivo degli eserciti liberatori angloamericani[6] senza impegnarsi in azioni armate), coerentemente con l’evolversi della linea politica del PIL abbandonò progressivamente tale posizione e nel luglio 1944 si occupò direttamente della organizzazione di un gruppo di 30 giovani partigiani aggregati come distaccamento autonomo del PIL all’interno della 8ª Brigata Garibaldi romagnola, al comando di Otello Magnani[7] e di cui Tolloy ne divenne commissario politico.

Nell’immediato dopoguerra diventò segretario dell’ANPI forlivese, consigliere comunale della città e (a seguito dello scioglimento del PIL) dirigente della federazione provinciale del Partito Socialista Italiano. Nel 1947 viene nominato segretario della federazione socialista di Bologna e membro della direzione del partito, poi responsabile emiliano dello stesso[7]. Eletto deputato nel 1948 e rieletto nel 1953. Nel 1958 viene eletto senatore assumendo la carica di segretario della commissione difesa, di cui era già stato vicepresidente come deputato. Rieletto senatore nel 1958, passava a guidare il gruppo parlamentare del PSI ed era incaricato della vicepresidenza della commissione esteri. Nel 1966 presiedette il Ministero per il commercio con l’estero, per essere nuovamente eletto senatore nel 1968. Proprio quell’anno una paresi lo costrinse a lasciare la vita pubblica.[8]

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[…] >>Giustizia e Libertà>> sorse nell’ottobre 1929  con le caratteristiche di un movimento d’azione. I fondatori non vollero appesantirlo con troppi bagagli teorici. L’obiettivo immediato consisteva nel rompere il contagio della paura, nel richiamare alla lotta una opposizione polverizzata, nel creare una coscienza e una volontà rivoluzionarie in una minoranza audace capace, col tempo, di trascinare le masse.

<< Giovani veterani – si leggeva nel primo appello di “Giustizia e Libertà”” – chiamiamo a noi i migliori, i dispersi, i credenti, i giovani.   Provenienti da diverse correnti politiche, archiviamo per ora le tessere e creiamo una unità d’azione. Movimento rivoluzionario, non partito, “Giustizia e Libertà” è il nome ed il simbolo. Repubblicani, socialisti e democratici, ci battiamo per la libertà, per la repubblica, per la giustizia sociale.   Non siamo più tre espressioni differenti ma un trinomio inscindibile>>.

La dichiarazione iniziale di principi che ha accompagnato per due anni le pubblicazioni del movimento, e che conserva ancora tutta la sua forza ideale, oltre che a fissare il comune denominatore programmatico servì ad operare una prima ma fondamentale selezione tra gli antifascisti: da un lato gli elementi decisi, che sentivano la necessità morale e politica di una lotta rivoluzionaria e che, aderendo a <<Giustizia e Libertà>>, erano pronti a pagare di persona; dall’altro gli elementi timidi e cerebralizzanti, facilmente disposti al compromesso, in perpetua attesa del <<miracolo>>, rifuggenti da ogni seria partecipazione alla lotta.

Questa selezione fu, contro ogni apparenza, eminentemente politica; più che cento programma essa valse a separare gli elementi conservatori dagli elementi rivoluzionari.   Un conservatore non aderirà infatti mai ad una impostazione e a metodi di lotta seriamente rivoluzionari, quali sono quelli di <<G.L.>>, ben sapendo che nel mondo moderno ogni rivoluzione è necessariamente sociale e che vano sarebbe il tentativo di trattenerla entro gli stretti limiti della politica formale. All’inverso, coloro i quali accettano la impostazione rivoluzionaria della lotta, sono poi, salvo rare eccezioni, anche coloro che affermano la necessità di una radicale trasformazione dei rapporti sociali. […]

[…] Due anni sono passati da allora; due anni duri, di lotta silenziosa e tenace, di sacrifici innumeri e spesso ignorati, consacrati dalla morte o da feroci condanne di Tribunale.

Abbiamo noi raggiunto l’obiettivo iniziale che ci eravamo assegnati? Senza tema di esagerare possiamo rispondere affermativamente.   La coscienza della necessità, della fatalità storica della lotta rivoluzionaria, si è imposta.   Le vecchie posizioni di compromesso monarchico-papaline-cooperative sono state spazzate. Nuclei di <<Giustizia e Libertà>> esistono in moltissimi centri italiani.

Giustizia e Libertà non è ormai più il sogno di pochi generosi od illusi.   E’ una realtà poderosa, è la concreta speranza di liberazione cui guarda il Paese.   Il fascismo, che sa identificare i suoi avversari, ha già da tempo riconosciuto in <<G.L.>> il centro animatore della rivoluzione italiana.

Due anni sono passati; nuovi compiti urgono. Mentre la lotta continua, appare ormai indispensabile il precisare la fisionomia politica del movimento.

Carlo Rosselli 1933 […]pp.36

Disponibile presso la BIBLIOTECA NAZIONALE UIL ARTURO CHIARI

IN BIBLIOTECA E’ DISPONIBILE ANCHE LA RACCOLTA ORIGINALE DEL QUOTIDIANO GIUSTIZIA E LIBERTA’