Il 17 e 18 ottobre 1973 a Fiumicino avviene una strage. E’ il frutto di un attentato terroristico palestinese che colpì l’aeroporto di Roma-Fiumicino uccidendo un totale di 34 persone e causando il ferimento di altre 15.
Il 17 dicembre 1973 alle ore 13:10, un commando terrorista palestinese composto tra le 6 e le 10 persone, fece irruzione all’interno del Terminal di Fiumicino. Gli uomini dopo aver estratto armi automatiche ed esplosivi dalle loro valigie, si sono fatti strada all’interno del Terminal fino alla pista sparando all’impazzata e uccidendo 2 persone. Raggiunta la zona di parcheggio dell’aeroporto, i terroristi si sono diretti verso il Boeing 707 della Pan Am, volo 110 per Teheran con scalo a Beirut delle 12.45, e vi gettarono all’interno due bombe al fosforo. Gli assistenti di volo tentarono di evacuare il velivolo il più velocemente possibile aprendo le uscite di emergenza sulle ali, dal momento che le altre erano ostacolate dai terroristi; molti passeggeri riuscirono a scappare, ma 30 rimasero uccisi. Tra questi quattro italiani: l’ing. Raffaele Narciso, il funzionario Alitalia Giuliano De Angelis, di ritorno alla sede di Teheran con la moglie Emma Zanghi e la loro figlia Monica di appena 9 anni. Nell’attacco perse inoltre la vita il militare ventenne della Guardia di Finanza Antonio Zara che, giunto per primo sul luogo dell’assalto, tentò di contrastare i dirottatori.
[…] Il 10 ottobre Sadat inviò un emissario in Arabia Saudita e negli Emirati, sollecitandoli a contribuire alla guerra. Il 16 ottobre gli Stati in questione annunciarono un aumento generale del 70% dei prezzi dei prodotti petroliferi, e una riduzione progressiva della produzione del 5% mensile finché Israele non si fosse ritirato da tutti i territori occupati e non avesse rispettato i <<diritti giuridici>> dei palestinesi. Un ulteriore giro di vite si ebbe con l’annuncio dell’embargo nei confronti dei paesi <<amici>> d’Israele e, qualche mese più tardi, con la decisione dell’OPEC del 23 dicembre di raddoppiare il prezzo del petrolio.
I termini di cessate il fuoco furono stabiliti a Mosca il 21 ottobre. Il pomeriggio seguente Kissinger giunse in Israele e persuase i suoi riluttanti ministri ad accettarli. Aggiungendo però <<che non avrebbe protestato se le forze israeliane avessero proseguito l’avanzata durante la notte. Dopo tutto, non è raro che qualche unità continui ad attaccare dopo l’entrata in vigore di un cessate il fuoco>>. Pare che Kissinger avesse parlato di un ritardo di <<qualche ora>> nell’interruzione delle operazioni. Ma come il lettore sa, Israele approfittò delle scaramucce presso il Canale (nonché dell’iniziale rifiuto siriano di aderire alla tregua) per proseguire l’avanzata nel sud fino al mattino del 25 ottobre, completando l’accerchiamento dell’Armata.
Tra il 9 e il 14 ottobre i siriani, la cui capitale era minacciata, guardarono con favore all’interruzione dei combattimenti; in seguito, arenatasi l’offensiva israeliana, avrebbero preferito continuare la guerra per tentare di espellere l’IDF dal Bashan. Furono confermati in questo proposito dall’arrivo, il 12 ottobre, dei contingenti iracheno e giordano. Il 22 ottobre Damasco continuava a opporsi al cessate il fuoco; ma l’accettazione di questo da parte dell’Egitto e le pressioni sovietiche non potevano essere ignorate, e il 23 anche la Siria diede il suo assenso.
Gli egiziani si opposero al cessate il fuoco fino al 19 ottobre, quando compresero che il riuscito attraversamento del Canale da parte dell’IDF comprometteva seriamente la loro situazione strategica. Da quel momento il loro entusiasmo per una tregua crebbe di giorno in giorno. Con le truppe egiziane ancora saldamente sulla sponda orientale e la III Armata ancora in grado di combattere, l’onore arabo era salvo; questo, come Kissinger aveva compreso, consentiva a Sadat di accettare un cessate il fuoco. Ma se si fosse permesso il proseguimento dell’offensiva israeliana nel sud e la distruzione della III Armata, i successi arabi del 6 e 7 ottobre sarebbero stati cancellati. […]pp.547
Disponibile presso la Biblioteca Nazionale UIL Arturo Chiari