il 4 dicembre 1919 Muore Giuseppe Bertani (sindacalista e politico italiano) .
Nel mantovano fu tra i primi ad aderire al Partito Socialista. Si applicò con particolare impegno all’attività di difesa dei diritti dei lavoratori. Nel paese natale (Buscoldo, frazione del comune di Curtatone) fondò nel 1900 la Lega di Miglioramento di Buscoldo e l’anno successivo al Congresso dei Lavoratori della Terra tenutosi a Bologna, venne eletto nel Comitato federale nazionale. Nel 1902 fu eletto consigliere comunale di Curtatone, quindi entrò nella segreteria nazionale della Federterra e divenne redattore responsabile del settimanale “Il Socialista“. Fu tra i propugnatori nel 1910 della costruzione di una Casa del Popolo a Buscoldo, che venne realizzata tre anni dopo con una spesa, imponente per l’epoca, di 100.000 lire.
Dirigente dell’Associazione provinciale dei Terrazzieri, Bertani fu tra gli organizzatori a Mantova delle “giornate rosse” che nel dicembre 1919 portarono anche a uno sciopero generale il 2 dicembre. Il 4 dicembre fu convocato un comizio nella Piazza Virgiliana a Mantova. Scoppiarono incidenti tra alcuni manifestanti e le forze dell’ordine e Giuseppe Bertani, che stava defluendo dal comizio, fu colpito alla testa in piazza delle Erbe. Con lui vennero uccisi Cornelio Accorsi e Modesto Veronesi, che ferito con altri, morì all’ospedale di Mantova.Il 7 dicembre gli vennero rese solenni onoranze funebri alla presenza di migliaia di persone nel paese natio di Buscoldo.
[…]Nella primavera del 1884 i veneti diedero vita a una vasta opera propagandistica nelle campagne polesane, ferrare, mantovane e veronesi, incitando apertamente i contadini alla rivolta. La propaganda ottenne successo perché nel corso dell’anno seguente vi furono vari moti a carattere rivoluzionario, come viene testimoniato dal processo che si tenne Rovigo che vide oltre 250 imputati, alcuni condannati a dure pene. L’agitazione continuò nello stesso 1885, coinvolgendo, specialmente nel Mantovano, altre centinaia di contadini.
E’ questa, come è noto, la rivolta de la Boje, principale espressione rivoluzionaria del socialismo italiano degli anni Ottanta. La Boje fu allo stesso tempo un fatto spontaneo, perchè non fu determinato dall’azione di precise strutture organizzative, ma anche l’esito di un’azione rivoluzionaria condotta in gran parte da anarchici, socialisti e repubblicani. Il carattere ideologicamente composito della Boje si rileva nella presenza degli imputati del secondo processo, svoltosi nel 1886 a Venezia. Qui furono giudicati i principali protagonisti del moto mantovano e precisamente Francesco Siliprandi (simpatizzante proudhoniano), segretario dell’Associazione generale dei contadini italiani, Eugenio Sartori, segretario della Società di mutuo soccorso fra i contadini della provincia di Mantova e l’operaio Giuseppe Barbiani. Tra le due organizzazioni contadine esisteva <<una rilevante diversità ideologicva: solidaristica e volta alla realizzazione della concordia interclassista quella guidata da Sartori (ingegnere e proprietario), classista e con finalità socialiste quella guidata da Siliprandi. Nonostante questo, la loro azione nel corso della lotta si rilevò strettamente unitaria e concorde fu la piattaforma rivendicativa (aumenti salariali per i braccianti differenziati per sesso e età)>>.
Si può osservare a questo punto che la Boje non ebbe un carattere univoco perché nelle Polisine si manifestò con maggiore accentuazione anarchica rispetto al Mantovano, al Cremonese e al Parmense. Non a caso, dopo questa esperienza, il riformismo si affermerà definitivamente in tutta l’area padovana. Nel 1891 nascerà la Federazione mantovana delle associazioni operaie e contadine, primo organismo del genere costituitosi in Italia. Di dimensioni rilevanti (50 società affiliate e oltre 11000 iscritti) la sua attività rivendicazionistica sarà rivolta soprattutto alla creazione di cooperative di produzione e di consumo e all’istruzione popolare. Invece nel Polesine persisterà una istanza rivoluzionaria fino agli inizi del secolo per tradursi poi nella forma del sindacalismo rivoluzionario.
Il sostanziale fallimento del moto insurrezionale, la cui spinta sociale sarà disinnescata da altri canali di sfogo (dal furto campestre all’emigrazione), deve essere visto nel quadro più generale delle lotte contadine sviluppatesi in questi anni nel Nord d’Italia.
La conflittualità nelle campagne si manifestava allora con scioperi di breve durata a causa della mancanza di strutture organizzative di sostegno e soprattutto per la scarsità delle risorse finanziarie in grado di consentire una maggiore resistenza alla reazione padronale. Una situazione, questa, che verrà risolta nel 1901 quando nascerà la Federazione Italiana dei Lavoratori della terra, senza che vengano meno, comunque, i caratteri del precedente ribellismo e spontaneismo. […]pp.94
Disponibile presso la Biblioteca Nazionale UIL Arturo Chiari