28 novembre 1961 – Viene decisa la Risoluzione 1661 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite in seguito al comportamento dell’Italia nell’attuazione dell’Accordo De Gasperi-Gruber (del 1946) che aveva già portato undici mesi prima (31 ottobre 1960) alla Risoluzione 1497 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Tali risoluzioni (come pure l’accordo) riguardano la questione altoatesina, ovvero la tutela della popolazione di madrelingua tedesca della Provincia autonoma di Bolzano e dei comuni confinanti in provincia di Trento: l’Austria dovrà monitorare la situazione in Trentino-Alto Adige, rinunciando a pretendere un referendum popolare circa l’assegnazione della regione.

Accordo_De_Gasperi_-_Gruber

 

Mentre ancora perdurava la preparazione del Trattato di pace, De Gasperi aveva del resto conseguito uno dei suoi successi più significativi della sua politica estera. Il 6 settembre del 1946 egli firmava a Roma, al termine di un incontro col Ministro degli Esteri austriaco Karl Gruber, l’accordo che va sotto i loro nomi e che avrebbe costituito la premessa per la soluzione della questione alto-atesina. In un saggio dedicato all’argomento, Ruggero Moscati ricorda come il pensiero di De Gasperi favorevole alle autonomie fosse noto da sempre. <<… Esso è molto semplice e chiaro ed era stato ribadito dal 1919 al 1923 in innumeri articoli apparsi sul suo giornale, Il Nuovo Trentino ed in un noto intervento al Parlamento. L’appiattimento e l’uniformità cui, secondo il suo parere, le leggi amministrative italiane, eredi del centralismo napoleonico, condannavano i comuni e le province gli sembravano inaccettabili. La conservazione dell’autonomia della Venezia tridentina non solo avrebbe assicurato – egli aveva sostenuto allora – un ordinato svolgersi della vita amministrativa locale, ma costituito un esempio per il decentramento di cui tanto si discuteva nell’agitato dopoguerra italiano e che del resto era uno dei principi cardini del nuovo schieramento politico, su cui egli stesso nel Congresso del Partito Popolare di Bologna, aveva preso autorevolmente posizione>>.

Nella campagna elettorale del 1921 e in quella successiva del ’24 De Gasperi era riuscito – ricorda ancora Moscati – <<a penetrare in ambienti allogeni ritenuti inaccessibili, per ottenere un’affermazione di lealismo verso il nuovo Stato>> Coerente con questa sua concezione, egli non intendeva peraltro incoraggiare velleità separatistiche, né ancor meno ammettere che la giusta tutela della minoranza etnica conducesse a formare una sorta di <<riserva speciale>> .   <<…Gli allogeni, in piena parità di diritti – aggiunge ancora Moscati – avrebbero dovuto collaborare nella regione con l’elemento italiano, assicurando non soltanto il progresso della loro “piccola patria“, ma contribuendo ad instaurare con l’Austria una nuova dimensione di rapporti sul piano economico e su quello culturale>>. Si ripropone dunque a questo riguardo, contro le arbitrarie interpretazioni cui mi sono già riferito, la piena giurisprudenza tra teoria e prassi che caratterizzò la politica degasperiana. Il solidarismo cristiano non era rimasto in lui un astratto principio ma si era trasformato in un convincimento verificato attraverso l’esperienza di un’intera vita. Se è facile ammettere che il suo europeismo si sarebbe venuto qualificando solo in seguito, col maturare di una nuova congiura politica fino ad assumere un aspetto sempre più decisamente federalistico, conviene rilevare d’altro canto che  a ciò lo predisponeva, come dimostra in maniera patente proprio il suo accordo con Gruber, un particolare modo di porsi di fronte ai problemi internazionali. Al di là degli accorgimenti suggeritogli dal suo consumato realismo, il suo atteggiamento rivelava una apertura ignota ai cultori dello Stato nazionale di derivazione giacobina. In questo senso può dirsi anzi che il suo automatismo tendesse ad assumere la forma di micro-federalismo, nel quale può ravvisarsi la principale premessa culturale delle sue future scelte a favore di soluzioni sovranazionali.  Per quanto riguarda del resto più specificatamente l’accordo in questione, la circostanza – rivelata nel più volte citato saggio del Moscati – che la genericità del documento ne consentisse due diverse interpretazioni- quella italiana, che vi ravvisava il riconoscimento della chiusura di ogni vertenza italo-austriaca sul piano internazionale e quella della minoranza alto-atesina che vi scorgeva una garanzia internazionale della propria autonomia – nulla toglie al significato assunto in quel momento dall’accordo che, risolvendo la contesa in termini autonomistici, nel contesto di una riaffermata sovranità italiana sulla regione, rafforzava sensibilmente la posizione internazionale del nostro Paese, valendoci il caloroso elogio contenuto nella nota lettera di Byres a De Gasperi.