il 6 novembre 2007 esattamente 11 anni fa veniva a mancare Enzo Biagi:

Nato a Lizzano in Belvedere, in provincia di Bologna, è considerato tra i padri del giornalismo italiano. Fu popolare anche come conduttore televisivo.

[…] La fondazione, in un caldo giorno di agosto, in una trattoria di Genova. Si chiamava Partito dei lavoratori. Tre anni dopo cambiarono nome: diventò socialista.

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Era gente candida e appassionata: discutevano di emancipazione, di società umana, di sfruttati e di sfruttatori.  La crisi è arrivata qualche mese fa, al quarto piano di un bel palazzo di Piazza del Duomo a Milano: un grande ufficio, 348 metri quadrati, dalla soffice moquette rossa, porte a vetro blindate, telecamere. Sede, ufficialmente, dell’Istituto europeo di studi sociali. Recapito, per un paio di giorni ogni settimana, dell’onorevole Bettino Craxi. Un uomo che ammette: <<Parlano come se fossi morto. Mi hanno seppellito. Meno male che ho fatto i buchi nella bara e respiro>>.

Ma è triste e sconsolato. Confessa ad Augusto Minzolini: <<Sto perdendo la memoria. C’è bisogno che qualcuno mi aiuti a ricordare date e d episodi… Mi sento molto logorato nel fisico…>>.

Pensa di essere vittima di una campagna di denigrazione. Una perfida manovra per buttarlo fuori da quelle accoglienti stanze: dalle parti della Galleria abitavano anche Turati e Anna Kuliscioff.

Centoventitré pagine di verbali giudiziari forse riportano alla sua memoria fatto o incontri che il tempo e la stanchezza avevano cancellati. Lo hanno riconosciuto tutti: la politica ha un prezzo, ma gli italiani lo hanno pagato più di una volta. Anche Craxi, in un discorso pubblico, ha ammesso che <<il finanziamento dei partiti è stato irregolare e illegale>>.

E la stessa città di quei riformisti, il cui Karl Marx assomigliava un pò anche a Garibaldi e a Gesù Cristo, è diventata tangentopoli. E poi <<le mazzette>>, come ha commentato l’ironico compagno Formica, non finivano sempre nelle casse romane per alimentare il tripudio dei congressi e le battaglie per l’ideale, perché <<il convento è povero e i frati sono ricchi>>.

L’Avanti! ha accumulato più di 30 miliardi di deficit, e in Lombardia non passa i 3000 lettori; dalla sede di corso Magenta 57 bisogna sloggiare: <<Una gestione dissennata>> dicono <<e non c’è più un quattrino>>.

Il romanzo è scritto negli atti giudiziari: e Craxi dovrà difendersi non solo dalle accuse, ma anche dalle ore dell’amarezza. Si sentirà tradito dagli alleati, che ora non garantiscono più nessun appoggio, ma lanciano l’allarme e stabiliscono il distacco: <<Si salvi chi può>>, ma anche dai vecchi cortigiani: comandava dal 1976, e nessuno aveva il coraggio non dico di alzare la voce,  ma di avanzare una pacata critica. Coma ha raccontato Margherita Boniver, una beneficiata, distribuiva incarichi e programmava carriere: l’onorevole Forte, per esempio, era stato promosso ministro tre volte. <<Due e mezzo>> ha precisato. La terza dovette anche accontentarsi di sottosegretario.

Non sono stato dalla sua parte, ma non mi piace lo spettacolo che adesso si ribellano. Questo, credo, Craxi proprio non se lo aspettava. E’ un colpo che ferisce il suo orgoglio. Anche il 23 dicembre, riepilogando, forse, le sue vicende, affermava, sempre con quel fondo minaccioso che distingue il so carattere:<<Non mi hanno indebolito, ma rafforzato>>. Forse credeva ancora che è possibile <<uscire bene da questa tempesta>>.

Se gli va male, non cade in piedi: la caparbietà, che per qualcuno è arroganza, lo costringerà a sedersi, e in un angolo oscuro, lui ormai abituato alla ribalta luminosa del potere.

Ha un’età difficile: troppo presto per ritirarsi, troppo tardi per cambiare. Ha detto il cognato Pillitteri, a chi gli chiedeva:<<Che farà?>>. Risposta: <<Ma che domanda! La politica>>.

Non sarà semplice: non perdonarono a Churchill, che aveva vinto, e a Mendès-France, che aveva capito. Un sondaggio ha rilevato che il 92 percento degli italiani pensa che hanno fatto bene i magistrati a indagare su Craxi, 72 che dovrebbe dimettersi. Perché vuole sfidarli? La sconfitta elettorale del 13 dicembre ha segnato la sua sorte in via del Corso, e anche i feudatari si sono ribellati. Due giorni dopo gli arrivava il primo avviso di garanzia. Finito Bettino Craxi, e con lui il PSI.[…]pp.191

Disponibile presso la Biblioteca Nazionale UIL Arturo Chiari