25 Settembre 1892 – Giuseppe Massarenti diventa consigliere della Associazione fra gli operai braccianti del Mandamento (Molinella e Budrio) vi rimarrà fino al 5 dicembre 1898 Questa è la prima esperienza di vita cooperativa maturata da Giuseppe Massarenti.
Quando il fascismo riesce ad instaurare la sua dittatura, Molinella deve pagare per tutti gli anni che ha resistito. Non si contano le spedizioni punitive che Molinella ha subito dalle squadracce fasciste, morte violenza, deportazione e prepotenze di ogni genere, sono il bilancio della lunga resistenza. Massarenti è sfuggito fortunosamente dalla caccia delle squadracce, riparando all’interno di una trebbiatrice, deve fuggire, va a Roma, ma anche qui è raggiunto e condannato in base alle leggi speciali fasciste.
Giuseppe Massarenti finisce di scontare la condanna al confino nel 1931, gli è impossibile ritornare a Molinella dove la sua presenza non è tollerata dai fascisti, che lo hanno dichiarato <<indesiderabile nella provincia di Bologna>> .
Prende alloggio a Roma, nell’albergo <<Nuovo-Roma>>. In questo luogo, a causa delle privazioni a cui è costretto dalle ristrettezze economiche, la sua saluta ha un crollo. : gli si palesa una gravissima forma tubercolare, che comunque riesce a superare.
Per tre anni sopravvive tra stenti e privazioni, finché mancandogli i mezzi anche per mantenere questa precaria sistemazione, è costretto a lasciare l’albergo. Per lunghi mesi, è senza dimora, nella città e nel tempo in cui si celebrava il massimo successo dei suoi avversari fascisti. Suoi ripari per la notte sono i portici vaticani e altri rifugi di fortuna. Le sue energie sono esauste quando incontra Bice Speranza: una persona a cui Massarenti era del tutto sconosciuto, che spinta soltanto da sentimento di umana carità, gli presta soccorso e lo ospita nella propria casa. Successivamente, un poco ristabilito, Massarenti trova una camera d’affitto in Via dell’Arancio, e vi rimane qualche mese, finché il 3 settembre 1937, la polizia fascista, gli rimette le mani addosso per eseguire un disegno, evidentemente preordinato, allo scopo di toglierlo di mezzo per sempre: viene condotto al Policlinico e di qui trasferito alla Clinica Universitaria delle malattie nervose e mentali, dove medici compiacenti ai voleri del fascismo formulano una diagnosi che gli attribuisce una inesistente infermità mentale. La falsità della diagnosi è evidente, come poi dimostrato dal Prof. Cazzanalli in uno studio pubblicato con il titolo <<L’avventura di Giuseppe Massarenti>>.
Massarenti non può reagire alla mostruosa macchinazione che legalizza il suo internamento nel manicomio di Santa Maria della Pietà.
E là rimane privo di ogni contatto umano sino alla liberazione.
La caduta del fascismo non è sufficiente per liberare Massarenti dall’onta del manicomio inflittogli, sano di mente, dai fascisti mediante la complicità di medici compiacenti. Potrebbe andarsene a suo piacimento, ma lui pretende l’annullamento della diagnosi, se no, rimane per protesta. I medici intanto o sono scomparsi o non si vogliono compromettere. Massarenti resiste, attende che la nuova democrazia riesca a riscattare la dignità di uno fra i suoi maggiori assertori e realizzatori, invano. Le sue speranze vengono deluse. I molinellesi sono continuamente da lui ed insistono perché torni, perché la loro è l’unica valida riabilitazione. Massarenti vorrebbe accontentarli ma non può tradire il suo principio, è vicino ai suoi compagni e gli manda lettere come la seguente.
TORNARE ALLE ORIGINI
<< Tornare alle origini?! – Sì, bisogna ritornare alle origini; bisogna rifare gran parte della strada caoticamente percorsa; bisogna ricordare e considerare con coscienza e con senso di responsabilità gl’insegnamenti dei nostri primi maestri che a tutto rinunciarono e nulla pretesero per venire a noi ad indicarci la buona via – riconosciuta tanto più buona oggi dopo la tremenda lezione delle cose – e che noi smarriamo al primo crocicchio, per dare ascolto a chi ci indica le accorciatoie, sollecitati più da elementi soggettivi, come il temperamento, il desiderio, la fretta, le sofferenze ed insofferenze delle stesse masse lavoratrici, che dall’esame sereno, obiettivo, ponderato della realtà contingente, delle difficoltà frapposte, delle forze operanti e potenziali, delle capacità, del civismo, della moralità di noi stessi e delle masse oppresse in nome delle quali innalzano le libere insegne del <<Lavoro>> redento e fecondo. […] pp.141
[…]A Molinella non ci si dà per vinti, Massarenti deve tornare ed alla fine viene escogitata una soluzione valida: Riabilitare la figura di Massenti eleggendolo a Senatore della Repubblica. Si raccoglie l’adesione di tutti i partiti antifascisti.
Massarenti ritorna, fra l’entusiasmo, dal vecchio balcone che lo vide tante volte affacciarsi come Sindaco, parla ad una folla di compagni e di amici.
Le forze politiche che si erano impegnate per la elezione di Massarenti non tengono fede all’impegno, ritirano l’adesione; Massarenti con i soli voti dei socialisti democratici non viene eletto.
Malgrado la gravissima delusione patita, resta a Molinella, rifiuta una abitazione che gli era stata predisposta e chiede ospitalità presso il locale ricovero per anziani. Qui viene curato e circondato dall’affetto di tutti i vecchi compagni e dalla considerazione dei giovani, ai quali dispensa la sua esperienza con consigli sui modi per rimettere in piedi la sua opera distrutta e dispersa. […]
Disponibile presso la Biblioteca Nazionale UIL Arturo Chiari