Si è appena conclusa, in questi giorni, la presentazione del libro di Caterina Grisanzio “Pistole cariche” vogliamo omaggiarvi di uno stralcio del libro.
[…] La pubblicità ci condiziona con un’infinità di messaggi che ci invadono nel corso della giornata, attraverso diversi mezzi di comunicazione: sport e cartelloni pubblicitari, radio, stampa, cinema, televisione, internet.
Attraverso il messaggio pubblicitario e i modelli che propone la pubblicità, si esercita, più o meno consapevolmente, sui soggetti destinatari un’influenza che può finire per modificare atteggiamenti e comportamenti. Tuttavia, è importante sottolineare che a un prodotto culturale, com’è la pubblicità, non si può richiedere una chiara consapevolezza dei contenuti educativi che trasmette. Infatti, lo scopo della pubblicità è la vendita di un prodotto e non l’educazione. Spetta invece all’educatore introdurre nella propria attività tali criteri di consapevolezza e di razionalità.
Forse sarebbe necessario cominciare a parlare di pubblicità comparativa (come quella americana): è infatti proprio a questo “habitus” comparativo, nella scelta e nell’acquisto del prodotto, cui dovrebbe essere educato il consumatore.
Donne e uomini, in egual misura, dovrebbero essere educati nella lettura critica e alla decodificazione dei messaggi sottesi e subliminali, per prendere coscienza dell’influenza degli stereotipi pubblicitari sui propri comportamenti, sugli atteggiamenti quotidiani e sulle esigenze personali.
Cosa succede con l’immagine della donna utilizzata come simbolo d’attrazione e d’interesse per indurre al consumo, sopratutto se è giovane, bella, stravagante e sexy?
Quale ripercussione può avere, nella vita quotidiana di uomini e donne, il messaggio pubblicitario reiterato che presenta l’uomo come l’unico grande professionista, dominatore e indifferente dal punto di vista emotivo?
Disponibile presso la Biblioteca Nazionale UIL Arturo Chiari