[…] Il ruolo del sindacalista esce dall’ambito strettamente contrattuale per inserirsi esplicitamente in quello politico e sociale.. Gli operatori e i funzionari diventano, nella maggioranza dei casi, dei leader di massa con la gestione degli scioperi e delle manifestazioni, delle assemblee e del processo decisionale collettivo, che caratterizza la pressione dei lavoratori in quegli anni. Tale risultato è legato a due conquiste determinanti per l’intero movimento sindacale: l’affermarsi di un elevato potere contrattuale del sindacato e l’affermarsi di un organismo sindacale dentro la fabbrica.

Non solo il sindacato entra in fabbrica attraverso il consiglio dei delegati, ma vi entrano anche i suoi organizzatori esterni, portati, prima, simbolicamente sulle spalle dei lavoratori durante la lotta contrattuale del 1969, poi attraverso i diritti sindacali del Ccnl. Il sindacalista non è però sul luogo di lavoro, sul luogo di lavoro esiste un nuovo soggetto contrattuale: il delegato di gruppo omogeneo.

Molta parte dell’espandersi dell’attività viene gestita dai delegati dai consigli. Molto del lavoro esecutivo viene assorbito dall’estendersi della militanza nelle fabbriche. L’organizzatore sindacale entra nei luoghi di lavoro perché dalla fabbrica viene la richiesta una verifica sulla sua attività contemporaneamente ad una partecipazione al lavoro del sindacato. Tale verifica e partecipazione avviene con l’estendersi di un lavoro collegiale e con l’entra in massa dei lavoratori nella discussione sugli obiettivi e i temi della sindacalizzazione.

L’estendersi di tale mobilitazione porta l’operatore e il funzionario sindacale ad esercitare una attività di carattere altamente espressivo e non solo strettamente legata ad un gruppo professionale specifico.   Questo avviene nella fabbrica ove, oltre agli operai, inizia la partecipazione di massa dei tecnici e degli impiegati alla discussione rivendicativa, ma anche sul territorio, dove viene avanzata da più gruppi sociali una critica al tipo di organizzazione della società nel suo complesso.

Caratteristiche di questo cambiamento di ruolo sono la politicizzazione di tutto il lavoro di contrattazione e la sua estensione a zone nuove dell’intervento sindacale. Tale cambiamento conduce ad una riscoperta della fabbrica e della sua organizzazione del lavoro., della società e della stessa classe operaia, del metodo della contrattazione sindacale.

L’organizzazione sindacale, in questo processo di socializzazione complessive del proprio ruolo, è innanzi tutto influenzato dal discorso critico che viene avanzato sulla funzione degli organismi sindacali base.  Le sezioni sindacali, le Commissioni interne non vengono più considerate strumenti idonei per un rapporto diretto e unitario con i lavoratori. Il delegato, nuovo rappresentante del sindacato, diventa contemporaneamente l’espressione più diretta e immediata del gruppo operaio omogeneo. Esso è innanzi tutto lo strumento che hanno i lavoratori per affrontare i problemi comuni della loro condizione di sfruttamento. Il salto di qualità è dato dalla “non delega”,  nella difesa della condizione operaia, del significato unitario che fa assumere al delegato una posizione innovativa in contrasto con logiche che si rifanno ai reciproci schieramenti delle singole organizzazioni. Attraverso le lezioni su scheda bianca, egli viene a rispondere in primo luogo a tutti i lavoratori del suo gruppo, nella sua squadra o del suo reparto.

Tale critica è stata probabilmente centrale nella riflessione sul ruolo dell’organizzazione sindacale, ma accanto a questo ripensamento che viene dalla fabbrica, va aggiunto quello proveniente da gruppi di ricercatori, tecnici, assistenti sociali. Movimenti di lotta certamente più modesti, ma efficaci nel sottolineare gli aspetti negativi della divisione del lavoro derivata dalla settorializzazione dei ruoli professionali. I contenti di tale discorso sono molteplici. […] pp.74