[…] Anche a Pavia eravamo impegnati nella “gestione” dell’autunno caldo.
Con i colleghi Santo Fanelli (Segretario Generale Provinciale della CGIL) e Ugo Ferrero (Segretario Generale Provinciale della CISL) organizzammo, in occasione di uno sciopero generale, una grande manifestazione in Piazza della Vittoria a Pavia, che si concluse con i nostri discorsi. La piazza era stracolma, e, dicevano i più anziani, non si registrava una così grande partecipazione di folla dai tempi del “famigerato ventennio”.
E a proposito dei segretari generali del sindacato pavese (Fanelli-Ferrero-Ferrari) va evidenziato come tutti e tre avessimo la stessa iniziale del cognome per cui, più ci chiamavano”i tre Effe“. Ma c’era anche qualche spiritoso che ci aveva soprannominato, parafrasando un proverbio pavese, “fam-fred-fastidi“.
Devo ammettere però che noi tre effe avevamo qualche difficoltà nella gestione del “post autunno caldo”.
Infatti, se da una parte avevamo potuto registrare in provincia di Pavia un aumento del consenso dei cittadini nei confronti del sindacato, dovevamo fare i conti, cessato l’entusiasmo autunnale, col permanere di un notevole grado di disoccupazione (soprattutto in Lomellina e nell’alto Oltrepò) col sorgere di grandi problematiche sociali, come gli alti costi delle abitazioni (mi riferisco in particolare agli affitti) e dei trasporti (il pendolarismo è sempre stata una caratteristica della provincia di Pavia).
C’è però un elemento di positività: nel sindacato si era realizzato, nei fatti, una unità d’azione fra CGIL CISL e UIL che era stata molto apprezzata dai lavoratori e, più in generale, dai cittadini.
In effetti in un momento storico in cui la società italiana registrava una crisi degli interlocutori tradizionali (istituzioni pubbliche, partiti, enti locali, e così via) il sindacato era riuscito a riprendere i contatti con il cosiddetto “paese reale”. Ecco quindi che dovevamo interessarci dei problemi della sanità, dei trasporti, della casa, delle tasse e quindi delle varie relative riforme.
L’obiettivo che si voleva raggiungere era quello di far crescere il peso del sindacato tra i lavoratori e quindi il peso dei lavoratori nella società. Ricordo uno slogan di quel periodo post autunno caldo che diceva “sostituire una società di pochi con una società di tutti”.
Erano stati fatti anche degli errori da parte del sindacato, certamente. Alcuni anni dopo io stesso, facendo un pò di autocritica, riconoscevo, nel corso di un dibattito alla televisione locale, che forse sarebbe stato più giusto, a proposito dello slogan sopracitato, lottare non per “una società di tutti” ma per “una società per tutti”.
Comunque va ricordato che il sindacato italiano aveva occupato gli stessi spazi che, una classe politica pressoché inerte (basti pensare ai residui passivi che erano in costante crescita in quel periodo) e una classe imprenditoriale che operava all’insegna del puro e semplice profitto, non avevano saputo colmare.
Certo anche il sindacato aveva fatto della demagogia e del pressapochismo.
Aveva anche creato la consapevolezza che non era più sufficiente “rivendicare” ma occorreva fare “proposte realizzabili”. La UIL era riuscita a capire presto la necessità del “coinvolgimento responsabile” dei lavoratori. Coinvolgimento che alcuni anni dopo si concretizzerà, sotto la segreteria di Benvenuto, col passaggio, nelle proprie linee politico-sindacali, “dall’antagonismo al protagonismo“.
(pp.49/50)
Disponibile presso la Biblioteca Nazionale UIL Arturo Chiari