Marco Paolini, Vajont – 9 ottobre 1963 – Orazione Civile
di Marco Paolini e Gabriele Vacis
Marco Paolini è un drammaturgo, regista, attore, scrittore e produttore italiano. Una persona di grandi doti ed eclettico filosofo. Un grande comunicatore.
A me ha sempre impressionato la sua capacità di rappresentare ed emozionare con la sola gestualità del suo corpo e della sua interpretazione teatrale che trasmette patos di grande trasporto emotivo.
Assistere ad un suo spettacolo teatrale, ad una sua interpretazione del come trasmettere al pubblico sensazioni ed emozioni è qualcosa che non stanca, piuttosto è avvincente e trascina nel tempo che scorre con immutato interesse dal primo sino all’ultimo minuto, che dispiace si concluda, che lo si vorrebbe ancora ed ancora ascoltare.
Una delle sue prestazioni teatrali più emozionanti, più realisticamente crude e meglio riuscite, forse per il tema a tratti pesante ed angoscioso, è quello del Racconto del Vajont.
cit. « Duecentosessanta milioni di metri cubi di roccia cascano nel lago dietro alla diga e sollevano un’onda di cinquanta milioni di metri cubi. […] Solo la metà scavalca di là della diga, solo venticinque milioni di metri cubi d’acqua… Ma è più che sufficiente a spazzare via dalla faccia della terra cinque paesi: Longarone, Pirago, Rivalta, Villanova, Faè. Duemila i morti. » |
(Marco Paolini, Il racconto del Vajont) |
Il soggetto teatrale di cui parlo è tratto dal suo libro, per l’appunto Il racconto del Vajont, a sua volta ispirato dal libro di Tina Merlin Sulla Pelle Viva – Come si costruisce una catastrofe. Il caso Vajont.
E’ la storia sceneggiata, una trasmissione orale abilmente gestualizzata, finemente ripercorsa nei suoi minimi particolari. Nulla è lasciato al caso, niente è meno importante del fatto citato. E’ il racconto teatrale, di appena due ore e mezza circa, del come e dei perché si è giunti al disastro della sera del 9 ottobre 1963.
Il suo “momento teatrale” è: cit. – un pugno nello stomaco che ti toglie il fiato, che ti lascia dentro una rabbia ed un senso d’ingiustizia, subito intollerabile. –
Da allora, Marco Paolini ha preso ad interpretare il messaggio di Tina a portare in giro quel pugno nello stomaco e cit. – dapprima in casa di amici, poi nelle piazze, nei circoli culturali, nelle scuole, negli ospedali, nei centri sociali, nelle fabbriche, alla radio, e, qualche volta, nei teatri e nei festival.
L’opera è stata poi trasmessa in televisione, per la prima volta in occasione del trentaquattresimo anniversario del disastro, il 9 ottobre 1997 in diretta su Rai 2.
Per l’occasione fu allestito un teatro proprio presso la diga del disastro, precisamente nel versante riempito dalla frana e un tempo sede del bacino. –
Da allora anche io sono stato coinvolto da questa storia di una immane annunciata tragedia dove:
L’arroganza di troppi poteri forti. L’assenza di controlli. La ricerca del profitto a tutti i costi. La complicità di tanti organi dello Stato. I silenzi della stampa. L’umiliazione dei semplici. La ricerca vana di una giustizia. Il crollo della fiducia in una repubblica dei giusti.
Giampaolo Pansa
In una disgrazia lo specchio di una nazione. E’ il mio pensiero ricorrente, poiché la disgrazia del Vajont non è solo una disgrazia, ma incarna tutte le sventure che sono accadute ed accadono nel nostro paese, l’Italia.
Stesso modus operandi di quanto appena succitato è il motore che ha sempre portato la nazione italiana sugli orli dei baratri che NON si possono più chiamare disgrazie, frutto del caso ineluttabile, bensì di un cinico e premeditato omicidio di massa.
Dice benissimo Marco Paolini nel apporre al titolo della sua opera interpretativa la dizione di Orazione Civile.
E’ una preghiera, una orazione civile rivolta a tutti coloro che sono morti in nome dell’arroganza, in nome del danaro, della cupidigia, in nome delle complicità di mentalità puramente mafiose che, a vari livelli, ha coinvolto tutti i protagonisti diretti ed indiretti.
Una bellissima e commovente opera teatrale. Quanto mai attuale anche se dal 1963 sono passate decadi, riporta ai giorni d’oggi realtà ancora in uso nonostante le ipocrite promesse di cambiamento che non vengono mai messe in atto.