Accadde oggi 4 giugno 1944. Nella notte fra il 3 e il 4 giugno, mentre gli alleati si accingevano ad entrare da sud nella Capitale, i tedeschi in fuga caricarono due camion di prigionieri di via Tasso per trasferirli a Verona; erano in gran parte socialisti o membri del Fronte militare clandestino. I passeggeri del primo camion, tra i quali il comandante delle Brigate Matteotti Giuseppe Gracceva, il docente Arrigo Paladini ed il grafico e pittore Sergio Ruffolo, si salvarono perché l’automezzo era guasto e non partì. Sul secondo camion SPA 38 salirono altri 14 prigionieri.

L’autocolonna tedesca si mosse da via Tasso verso nord; il convoglio pernottò nei pressi della località “La Storta”, sulla via Cassia. All’alba del 4 giugno presso il quattordicesimo chilometro della Cassia, in aperta campagna, i prigionieri tra cui Buozzi, furono portati in una rimessa della tenuta Grazioli; nel pomeriggio furono giustiziati con un colpo di pistola alla testa. I corpi furono recuperati nei giorni immediatamente successivi all’eccidio, dopo essere stati individuati dagli Alleati su indicazione dei contadini del luogo: le salme furono trasportate all’Ospedale Santo Spirito, mentre i funerali si svolsero l’11 giugno, nella chiesa del Gesù: all’epoca si ignorava l’identità dell’agente segreto inglese ucciso.

[…Il capo sindacale italiano è ancora una volta sotto i ferri della reazione. Quello operaio, s’intende, destinato ad essere la testa di turco del martellamento fascista, che quello patronale è più che mai libero di fare ciò che vuole. Il Duce, nella sua qualità di capio del governo e di ministro delle Corporazioni, ha emanato i seguenti provvedimenti: ha revocato il riconoscimento giuridico alla Confederazione Nazionale dei sindacati fascisti e alle federazioni nazionali da essa dipendenti; ha sciolto i comitati direttivi delle suddette federazioni e nominati sette commissari incaricati di studiare e proporre il 15 dicembre, le riforme da apportare negli statuti e negli ordinamenti delle federazioni e delle associazioni dipendenti; ha nominato grand’ufficiale Berenghi liquidatore del patrimonio della Confederazione nazionale dei sindacati fascisti, coll’incarico di provvedere alla realizzazione dell’attivo ed alla estinzione del passivo (si dice che Rossoni resterà a capo della nuova Confederazione trasformata, ma intanto egli è stato escluso da tutti i lavori di trasformazione di tutti gli organismi finora alle sue dipendenze) Quali le ragioni di questa tempesta di provvedimenti? Secondo un comunicato esplicativo dell’ufficio stampa del capo del governo, si tratterebbe di trasformare l’ordinamento sindacale fascista in armonia delle costituzione definitiva dei due organi che formano la base fondamentale dello Stato corporativa, cioè del Consiglio nazionale delle corporazioni e della Camera dei Deputati.
La legge elettorale nuova e la legge sindacale riconoscono sette confederazioni padronali e sette confederazioni dei lavoratori alle quali è stata affidata l’indicazione dei candidati alla deputazione. Secondo i turiferari del corporazionismo si tratterebbe dunque dell’entrata trionfale dei sindacali nell’ordinamento dello Stato. Nessuno però ci crede. Non ci crede neppure Rossoni, I giornali si sforzano di esaltare i provvedimenti emanati dal Duce, ma <<Il Lavoro d’Italia>> tace. Si limita alla pura cronaca senza una parola di commento. Deve quindi trattarsi di cosa estremamente grave. Il ministro Rocco ebbe già a dire al Senato che lo Stato corporativo non è lo Stato che deve essere nelle mani delle corporazioni, ma queste nelle mani dello Stato. E in attesa di conoscere i nuovi ordinamenti in elaborazione, si può intanto rilevare che il fascismo, più che mai tormentato dall’insopprimibile spirito di classe che alberga nell’animo dei lavoratori, è tutt’ora alla ricerca di provvedimenti atti a spezzare definitivamente la stessa unità spirituale della classe lavoratrice.
Riandiamo per un momento alle origini del movimento sindacale di classe. I primi nuclei – le leghe mestiere – si formano localmente. Esse sentono immediatamente la debolezza dell’isolamento e costituiscono le unioni locali: le camere del lavoro. Anche queste si sentono insufficienti. L’unione locale non basta, essa chiama l’unione nazionale, ed ecco le federazioni di mestiere. […]

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Disponibile presso la Biblioteca Nazionale UIL Arturo Chiari