ACCADDE OGGI – Torino 7/9 luglio 1962 I fatti di Piazza Statuto
“FIAT: l’accordo della discordia” di Roberta Filippini
9 luglio 1962 Piazza Statuto
I “fatti di Piazza Statuto” si svolgono dal 7 al 9 Luglio del 1962 e si collocano in un periodo di elevata tensione sindacale. Ai primi di Luglio Fiom, Fim e Uil proclamano uno sciopero di tre giorni con inizio il 7 Luglio. Tuttavia, il 5 Luglio la Uil firma un accordo separato con la Fiat e ritira l’adesione. La mattina del 7 Luglio lo sciopero e i picchettaggi coinvolgono i maggiori stabilimenti industriali di Torino: Fiat, Riv, Lancia e altre imprese minori. A partire dal primo pomeriggio alcune centinaia di operai si concentrano in Piazza Statuto circondando la sede della Uil. La tensione cresce e i dimostranti diventano qualche migliaia contro circa 500 agenti di polizia corsi a presidiare la zona. Nonostante i tentativi di mediazione da parte di dirigenti di Cgil e Cisl, per tutto il pomeriggio e sera si svolgono violenti scontri fra dimostranti e forze dell’ordine. La situazione di alta tensione dura fino alle prime ore del giorno successivo. L’8 Luglio la tensione diminuisce. Gli scontri riprendono però fin dalla mattina del 9 Luglio e si estendono anche alle zone vicine. Le proteste si esauriscono nella notte, quando la polizia sgombera definitivamente la piazza. Il bilancio dei tre giorni di scontri è di 1.215 fermati, 90 arrestati e rinviati a giudizio per direttissima, un centinaio di denunciati a piede libero, varie centinaia di feriti fra le forze dell’ordine e fra i manifestanti. Nei primi giorni di agosto la Fiat licenzia 88 operai coinvolti nelle proteste.
[…[L’azienda spiazza i sindacati.
L’appuntamento è alle 10. Ma il fatidico incontro ufficiale nella palazzina “Dépendance” dell?Unione industriali di Torino tarda a iniziare. Nel salone messo a disposizione della trattativa, la folta delegazione sindacale è arrivata inalberando gli striscioni contro la “Filosofiat”. E gli uomini della Fiat non intendono sedersi al tavolo se non sono prima spariti. L’incidente verrà risolto, ma resta a indicare, comunque, il clima del primo incontro e la sua scenografia simbolica.
Date le premesse di dieci giorni prima, quelle della riunione riservata a Roma, i sindacati sono pronti ad affrontare il braccio di ferro con la controparte, a smantellare il muro dei no. E invece “non è questo che succede, o almeno non nel senso previsto” confesserà lo stesso Bolaffi sul settimanale della Cgil “Rassegna sindacale”.
Spiazzando i sindacati l’azienda torinese rilancia, tira fuori una inusitata proposta salariale costringendo i dirigenti di Fiom, Fim e UILM a guardarsi l’un l’altro con aria interrogativa. Tutto questo avviene in un salone stracolmo di gente, dove sono spariti gli slogan ma non chi li ha scritti. Figuriamoci, Magnabosco & C. sono seduti da un lato del tavolo, dall’altra parte i vertici sindacali che dovranno trattare e, dietro, la folla del coordinamento dei delegati che dovrò controllare.
Innanzitutto gli uomini di Corso Marconi dicono che la piattaforma è troppo onerosa per un’azienda che adesso va bene ma che si muove pur sempre nell’incertezza delle prospettive di mercato. Quindi spiegano perchè a loro modo di vedere non è possibile aprire un negoziato tradizionale e chiedono di accantonare il pacchetto di rivendicazioni sindacali. Poi, dato l’innegabile buon andamento del gruppo torinese ( l’assemblea degli azionisti è fissata da lì a due giorni ma non già pubblici gli utili da record) viene offerta una cifra, non meglio precisata, per l’anno in corso e l’impegno a erogarne un’altra se anche l’898 andrò come o meglio dell’88. Infine, la Fiat prospetta per il 90 una riforma strutturale delle relazioni industriali e della contrattazione salariale, che renda in qualche modo stabile questa nuova flessibilità degli incrementi retributivi.
I vertici aziendali non fanno cifre né precisano le intenzioni riguardo ai meccanismi per metterle in busta paga. Anzi, chiariscono che le caratteristiche dell’offerta non possono essere approfondite se resta in piedi la piattaforma sindacale. Sulla parte cosiddetta normativa (riduzione di orario, prestazioni lavorative, controllo dell’innovazione) il no è assoluto, mentre resta aperto un varco per discutere il capitolo della mensa, dove il sindacato chiede un miglioramento con il passaggio dai precotti ai cibi freschi.
Dai cronisti che seguono le trattative, la notizia di una contropiattaforma Fiat rimbalza nelle redazioni dei giornali. Alle 18 c’è un incontro stampa e Michele Figurati sostiene che le rivendicazioni economiche, se venissero accolte, provocherebbero, un insieme agli automatismi del sistema salariale, un aumento annuo del costo del lavoro tra il 20 e il 22 per cento. Non solo: la parte normativa, che aumenterebbe ulteriormente i costi, ripete richieste affrontate già dal contratto nazionale quindi inaccettabile. La conclusione è che la Fiat non può ipotecare per sempre un incremento del costo del lavoro tramite aumenti inamovibili: quindi, per questo, fa la sua controfferta.
Il giorno dopo, molti quotidiani parlano di una proposta per legare gli aumenti all’andamento aziendale e i titolo sintetizzano dicendo “aumenti legati ai profitti”. I sindacati, che già il giorno prima erano stati presi alla sprovvista, ora si trovano in una difficoltà accresciuta dall’enfasi con la quale viene letta la contropiattaforma Fiat.
Qualche giorno dopo accuseranno l’azienda di aver spiegato la proposta più ai giornalisti che ai sindacalisti. […]pp.31