ACCADDE OGGI – 4 settembre 1904 – Sciopero Bugerru
“Storia del movimento operaio italiano” di Giulio Trevisani
4 Settembre 1904 i minatori di Buggerru, decisero di scioperare per protestare contro la decisione della “Societé des mines Malfidano” di ridurre la pausa pranzo. All’arrivo da Cagliari di due compagnie di fanteria, richieste dalla direzione della miniera, si scatenò una sassaiola a cui i soldati risposero sparando sulla folla di minatori, in sciopero per ottenere un aumento salariale, provocando 4 morti e 11 feriti.
In risposta all’eccidio perpetrato a Buggerru il 16 Settembre fu proclamato il primo sciopero generale nazionale italiano in risposta a quanto accaduto.
[…] Le condizioni di vita dei minatori sardi erano tragiche: <<Il salario oscillava da un massimo di lire 2,45 a un mini di lire 2,07 per giornata, con potere di acquisto pari a 650-700 lire attuali; 0,80 centesimi erano pagati i ragazzi e 1,11 le donne: un Kg. di pane costava 34 centesimi, un Kg. di pasta 55 centesimi, un litro di olio lire 1,25, un litro di vino 30 centesimi. Il salario era anzi disceso – a seguito della crisi mondiale all’inizio del secolo – da lire 2,98, il massimo del 1898, alle lire 2,45 del 1904: era un salario inferiore del 35-40% ai corrispondenti salari della mano d’opera delle miniere del continente>>.
All’estrema viltà dei salari si aggiungeva, a rendere più disperata la condizione dei minatori, il vecchio uso delle <<cantine>>, di <<negozi, cioè, che provvedevano di vivere i minatori e che, posti in condizioni di monopolio e arbitri dei prezzi , esercitavano uno sfruttamento dei minatori stessi. Il funzionamento di queste cantine era affidato a un esercente o era tenuto direttamente dalle società dirigenti. L’esercente registrava in un libro gli acquisti del minatore e percepiva il suo credito sulla paga del minatore stesso dalla società dirigente. Il minatore percepiva poi all’atto della paga a sua volta la differenza in danaro, ma, poiché la paga non avveniva con regolarità, il minatore molto spesso non vedeva mai danaro, che questo era assorbito tutto dalla cantina. Ciò esasperava i minatori che talvolta erano pagani ogni 40, 70 e 100 giorni. Si presentava infine un altro problema, quello ben grave delle malattie, che nessuno si curava di prevenire, alle quale i minatori erano soggetti, date le condizioni ambientali in cui vivevano. Le malattie più frequenti erano le malattie degli occhi, i casi di enterite, bronchite, malaria, cirrosi epatica, catarro polmonare, reumatismo articolare cronico, poliartrite cronica>>.
<<Una cupa aria discriminatoria pesava sui licenziamenti senza preavviso e senza liquidazioni: nelle assunzioni – che avvenivano attraverso il tramite dei cosiddetti impresari, veri schiavisti, a cui era affidata l’amministrazione e la responsabilità di sessanta-ottanta operai – veniva escluso chiunque fosse sospettato di svolgere attività sindacali o politiche; e chi veniva segnato nelle “liste nere” diventava disoccupato a vita>>.[…]
[…]<<La società Malfidano arrivò ad ogni bassezza pur di impedire che gli operai potessero contare su una loro cooperativa. Nel 1900 aveva chiuso il credito nelle cantine della sua cooperati per affamare i lavoratori; poi, per impedire gli operai potessero aiutare la loro cooperativa a pagare i debiti ritardò di 15 giorni il pagamento dei salari a tutti i dipendenti socie della cooperativa: poi proibì la cottura del pane nei locali del forno, poiché questo era stato costruito su terreno di sua proprietà; ed ogni volta i minatori erano riusciti a superare le difficoltà frapposte da Malfidano. La cooperativa restò, così, in mano ai lavoratori e la Lega sindacale dei lavoratori di Buggerru, forte del successo ottenuto, si preparava [nell’agosto 1904] a riproporre le richieste non accolte nel 1900>>. La Malfidano passò, allora, alla provocazione: diminuì di un’ora l’intervallo fra il lavoro antimeridiano e quello pomeridiano; e minaccio gravi sanzioni a chi non osservasse nuovo orario. Cominciò allora lo sciopero che aggiunse alla protesta contro il mutamento di orario altre rivendicazioni già più volte avanzate: un contratto di lavoro un ufficio di collocamento, il riposo festivo e una cassa pensioni per la vecchiaia.
Vi furono delle trattative ma la direzione della miniera le troncò immediatamente. Si conobbero subito le ragioni del repentino mutamento di scena: <<si viene a sapere che sono in marcia e già vicini numerosi drappelli di carabinieri e due compagnie di soldati: alle 15 entrano a Buggerru e scendono verso il mare, mentre i duemila operai della miniera sono radunati davanti alla direzione, per seguire l’andamento e l’esito delle trattative. Alcune centinaia di lavoratori si avvicinano ai soldati che vanno ad accantonarsi negli alloggi degli operai, da cui vengono allontanati i pochi lavoratori che in quel momento li occupavano. Gli operai e i soldati vengono a contatto; si grida “FUORI FUORI” sempre più concitatamente: la tensione si acuisce, finchè la truppa fa fuoco a più riprese>>. pp56